martedì 10 dicembre 2002
Quasi tutti gli uomini fanno uso solo di una piccolissima porzione della loro coscienza e delle loro risorse spirituali, più o meno come un uomo che contraesse l'abitudine di usare e muovere, del suo intero organismo, solo il dito mignolo. Situazioni di emergenza e di crisi ci dimostrano che possediamo risorse vitali assai superiori a quanto supponessimo. Così scriveva in una sua lettera, datata 6 maggio 1906, il filosofo americano William James (1842-1910), uno degli esponenti maggiori del cosiddetto "pragmatismo". La sua è un'osservazione scontata ma di cui non teniamo conto. Già a partire dall'infanzia, noi non sfruttiamo tutte le potenzialità del nostro essere e, così, alcune nostre capacità rimangono per così dire anchilosate. Anche la scuola non s'impegna in modo compiuto a far sprigionare tutte le potenzialità del ragazzo. Forse ci si preoccupa di più di coltivare il fisico con tutte le sue risorse, ignorando la gamma vasta di possibilità della mente e dello spirito. James fa notare inoltre che, quando si è in tensione per un'emergenza, noi stessi ci stupiamo di saper compiere cose che ritenevamo a noi proibite perché impossibili. Questo può valere anche per l'amore e per la fede. Gesù ha una frase suggestiva al riguardo: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a un gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe!» (Luca 17, 6). Molti si riducono ad essere simili al possessore dell'unico talento della famosa parabola di Cristo: tengono sepolte le loro doti lasciandole sterilire, invece di farle crescere
e fruttificare.
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