“Il Buddha è assorto”, x=logbn⇔bx=n, “il negroni sbagliato”, “non uccidere”, “ama il prossimo tuo”. Espressioni
di senso compiuto, contenuti eterogenei, dichiarazioni, constatazioni, formule. Forme del linguaggio che utilizziamo
a significare qualcosa. Le IA non funzionano così. “Il gatto sul tavolo”, per ChatGPT e tutte le sue sorelle, non significa “il gatto sul tavolo”. Si tratta di frequenze rese in forma di scrittura, specchietto per le allodole, i cui meccanismi generativi non hanno nulla a che fare con un qualunque modo di rappresentazione frequentato, anche il più sofisticato. Possibilità unica di smantellare secoli di vecchia ideologia e categorie obsolete, per quanto mi riguarda.
Di chi è il significato? Degli oggetti, delle parole, degli eventi, delle persone, oppure è l'ingrediente segreto senza cui esistere non può considerarsi fatto concreto? Il significato è funzionale all'interpretazione del reale come un libretto d'istruzioni fornito dal produttore o è blindato nella torre della autoreferenzialità cieca?
Prendere atto che per le IA “il gatto sul tavolo” non vuol dire ciò che immaginiamo è constatazione elementare e puntualmente trascurata. Quindi il significato è assente? No, si trova da un'altra parte, funziona di regole diverse tutte da indagare. Il teatro pre-sintattico e inedito che le IA vanno costruendo del reale definirà un mondo perfettamente concreto e del tutto sfasato rispetto a quello attuale.
In questo scenario soffermarsi su giochetti come il sermone scritto dalla intelligenza artificiale è
imbarazzante anche per il più antiquato dei digitali, ma non è questo il punto. Da anni le IA sono in grado di addentrarsi nella narrativa complessa, con risultati che lasciano interdetti persino i critici letterari più brillanti, ne avevo trattato nel 2020 in https://www.avvenire.it/agora/pagine/intelligenza-artificiale-scrittura-twinkle-twinkle. L’evento “sermone” versione IA significa certamente qualcosa nel nuovo sistema di riferimento linguistico cognitivo, ma quel qualcosa non ha nulla a che fare con la dimensione cui noi facciamo riferimento, la morale della favola, i buoni sentimenti, il supporto umano, che lì non ci sono, bisogna metterselo in testa. Le IA possono contaminarsi di dimensione metafisica ma non attraverso imitazioni che perpetuano l'errore di fondo di pensarle nostre omologhe. Non possono fare
prediche e morale perché nel loro mondo queste dimensioni non esistono. La prospettiva mistica delle intelligenze artificiali, se c’è, ha a che fare con la apocalisse che traduce ogni fenomeno sul piano di equivalenze linguistiche concretizzate da impulsi indifferenti, humus di un sistema indipendente che metterà a soqquadro ogni struttura del pensiero conosciuta fino ad ora. Esperimenti come il sermone o la statuina parlante che pare uscita da una wunderkammer ottocentesca sono al più generiche indagini sociologiche sulle reazioni in vitro da parte di soggetti posti di fronte alla finzione dichiarata dei contenuti religiosi, politici o scientifici, una chiacchierata col defunto, non fa differenza. Chi tratta di simboli dovrebbe sapere che la finzione parla di finzione e non aiuta né il contenuto, né una migliore comprensione di ciò che sta avvenendo intorno. Urge più che mai la chiarezza cristallina che lo stravolgimento affascinante in cui siamo immersi non si può affrontare sguazzando nel ritardo consolatorio e rovinoso di una visione sclerotizzata su posizioni talmente vecchie e irrigidite che non reggeranno l’impatto, ancora tutto da venire, delle IA.
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