«Al voto, al voto» è, almeno in apparenza, lo slogan più popolare tra le forze politiche dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum. E così nei giorni successivi al d-day si è registrata una giostra impazzita di incontri riservati, da sinistra a destra passando per i CinqueStelle, con l'obiettivo di progettare super-liste che annullino l'effetto dell'eliminazione del ballottaggio a opera della Corte Costituzionale, consentendo di raggiungere il premio di maggioranza alla Camera.
La prima conseguenza politica della sentenza, dunque, è deleteria: se si votasse nei prossimi mesi, si materializzerebbe una "grande ammucchiata" di uomini, ideologie e simboli di partito. Tutti insieme appassionatamente: da Pisapia ad Alfano insieme al Pd, da Salvini a Meloni insieme a Forza Italia, e forse perfino da Grillo a de Magistris.
Non sarebbe una bella notizia per la qualità della nostra democrazia. E a quanto è dato di capire non accadrà. L'effetto delle super-liste sarebbe infatti paradossale: mandare al macero la coerenza dei futuri programmi elettorali e la solidità della maggioranza e del Governo che verranno, senza aumentare in modo significativo le chance di raggiungere la "soglia magica" del 40%, che in un sistema tripolare come quello italiano appare pressoché irraggiungibile.
In sostanza, se si verificasse questa ipotesi l'Italia sarebbe protagonista di un "unicum assoluto": mettere insieme l'effetto negativo tipico dei sistemi elettorali proporzionali (l'ingovernabilità) con quello tipico dei sistemi maggioritari (l'incoerenza delle coalizioni), senza poter godere dei vantaggi che caratterizzano i due diversi modelli.
In un sistema di questo tipo, per tacere delle difficoltà create dalle disarmonie tra la legge elettorale della Camera e quella del Senato, vincere sarebbe molto difficile per chiunque. E governare sarebbe impossibile. Cui prodest? Uno scatto d'orgoglio dei partiti appare, dunque, vitale per garantire agli italiani il "diritto" d'avere un sistema della rappresentanza in grado di rispondere alle loro esigenze e istituzioni in grado di funzionare.
Abbiamo tremendo bisogno di un accordo, il più largo possibile, su una legge alternativa che consenta a chi vince di avere una maggioranza (magari coerente) in entrambi i rami del Parlamento. Votare in queste condizioni, invece, vorrebbe dire ipotecare pesantemente la competitività e il futuro prossimo del nostro Paese. Nessuno può permetterselo.
@FFDelzio
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