martedì 23 maggio 2023
E vento di coda è una definizione che può trarre in inganno. In finanza indica congiunture anomale e provvidenziali che possono riscattare le performance deludenti di interi portfolio di investimento. Noi tutti siamo l’evento di coda rivoluzionario nella storia dell’universo, con il nostro tasso di imprevedibilità talmente alto da mettere in discussione ogni previsione. Nel mio immaginario nulla come lo stock market incarna l’eden informatico dove volubilità di eventi e decisioni vengono tradotti in misteriosi grafici policromi multischermo, elettrocardiogrammi atipici del corpo che chiamiamo economia, sentenze inappellabili di guadagni e perdite.
Il mercato azionario da tempo si serve estensivamente di algoritmi che hanno steroidizzato in pochi anni un mostro non di rado incomprensibile agli stessi operatori: il trading ad alta frequenza. Qui le operazioni finanziarie si giocano in tempi che tendono allo zero, ondate continue di dati triturano con disinvoltura cambi di fronte repentini e qualunque stravolgimento del flusso di scambi a gradiente adrenalinico elevato, ormai travasato dal sistema cardiovascolare dei broker alle schede madri dei pc. Quando suona la fatidica campana di Wall Street si può solo provare ad immaginare i miliardi di byte che attraversano le connessioni permettendo istantaneamente al software di comprare e vendere. Storie di fortune generate e dissolte nel giro di qualche frazione di secondo. I romantici toro e orso sono praticamente preistoria. Molto presto lasceranno il passo ad una unica creatura, chimera che li comprende entrambi, mai più distinguibili con certezza tanto sarà breve il tempo del primato. In questo quadro di cui è difficile tracciare un senso, le IA, a me che sono osservatore, appaiono come un perfezionamento decisivo, capaci di arricchire la matematica con le loro qualità “discorsive”.
Alla corsa dei numeri si aggiunge un navigatore onniscente in grado di portare la macchina verso la utopica affidabilità totale, che, a pensarci bene, finirebbe per annullare ogni guadagno e uccidere definitivamente la pur innovativa creatura mitologica. Ma l’intelligenza artificiale ha fatto i conti senza l’evento di coda. Un punto cieco atipico che deriva dalla saggezza cinica e feroce della finanza come un vero e proprio autosabotaggio. Intorno agli anni Trenta del secolo scorso Walt Disney aveva già realizzato qualcosa come 400 cortometraggi, era molto apprezzato e pieno di debiti. Un giorno, in coda a tanta prestigiosa produzione è arrivata Biancaneve che con i suoi 83 minuti ne fa un uomo ricco. Una realtà come Amazon deve una parte importante del suo attuale trionfo finanziario a fenomeni tardivi e relativamente accessori come prime. Curioso, ma non infrequente. Entrambi i casi sono un esempio perfetto di evento di coda, aggregato di razionalità taglienti modulate nell’imponderabile per eccellenza: l’umano. Esistono fondi di investimento il cui successo è nato da questa logica spuria, lo 0,5 percentuale in grado di riscattare tutto il resto. La questione interessante è: può il fenomeno essere compreso e previsto dalle IA? Il sì su base statistica è un falso positivo. L’evento di coda è a tutti gli effetti una scommessa ma a differenza di un lancio di dadi o di una partita a poker si fonda su variabili sociologiche, storiche, caratteriali, di gusto e di interesse, ideologiche, ormonali, talmente eterogenee da non poter essere ridotte ad una congruenza di qualche tipo. L’evento di coda in finanza è come il meme social, imprevisto imprendibile, impenetrabile alle IA perché si sviluppa indipendentemente da qualsivoglia orizzontalità combinatoria. Biancaneve, coda del toro, riassume tutta la meravigliosa logica di ciò che rende la vita degna di essere vissuta: la sorpresa. Con buona pace di tutti i Gordon Gekko. © riproduzione riservata
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