Quando avviene il cambiamento? È una domanda che mi ha posto a Napoli un gruppo di operatori nelle assicurazioni, che cercava parallelismi con il mondo del food. Mi sono guardato indietro: 33 anni a osservare i produttori di vino e di cibo e a stupirmi dei cambiamenti, talvolta epocali, che hanno segnato passaggi importanti...
Di una cosa tuttavia sono certo: il "dio" cibo o il "dio" vino non sono in grado da soli di portare a un cambiamento; non è la smodata esibizione edonistica e nemmeno l'elefantiaca esposizione di prodotti e di situazioni che convince (tant'è che il Fico a Bologna stenta a diventare qualcosa di eccezionale, mentre il Salone del Gusto appena concluso a Torino ha aperto nuove domande agli organizzatori, che ricordavano l'edizione del 2016 nei giardini e nelle piazze della città come una formula indovinata).
Dunque perché il cibo interessa così tanto da essere al centro di iniziative editoriali e televisive, che a loro volta alimentano il fenomeno? Perché a un certo punto della nostra storia si è spezzato un cordone ombelicale con la tradizione, che vedeva all'attivo di famiglia la figura della massaia (nonna o madre che fosse) che con oculatezza faceva la spesa, cucinava e ordinava i momenti di incontro con puntualità. Dagli anni Ottanta in poi, complice la scolarizzazione ma anche una ritrovata ambizione sociale della donna (oltre a un bisogno concreto di entrate economiche per le nuove coppie), è sparita la massaia. E tuttavia la donna impiegata è pur sempre rimasta madre, quindi fortemente responsabile (e ancor più corresponsabile) di una corretta alimentazione di tutti i membri del nucleo. Così l'inseguimento di uno stile di vita, dentro ai ritmi di una società che è cambiata, è diventato un bisogno, essendo venuto meno il modello preesistente.
Da qui l'attenzione a tutto ciò che è alimentazione, il più possibile "naturale" (termine molto generico ma che indica un genere), se è vero che le classifiche dei libri mettono al primo posto titoli di quel tipo; e la preoccupazione di contrarre patologie, spesso legate a un'alimentazione disordinata, è diventata un po' l'ossessione dei giorni nostri.
Ci sono poi i luoghi dove questi cibi si consumano e che servono a rispondere a un altro bisogno, soprattutto dei giovani: il contrasto alla solitudine, anticamera della paura. Per cui non rispondono alla sete di rapporti i mangifici sempre più grandi e raffinati dove si celebra tutto tranne la convivialità. Mentre a Napoli facevamo queste riflessioni nei 2.000 metri quadrati di «Eccellenze Campane», analizzavo i motivi del successo di quel luogo: il prodotto di prossimità, la dimensione conviviale, il personale capace di coinvolgersi. Un bell'esempio.
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