Per maternità surrogata, a livello popolare chiamata anche “utero in affitto”, si intende la gestazione portata avanti da una donna per una coppia, eterosessuale o omosessuale, che ha commissionato tale gravidanza.
L’embrione può essere totalmente estraneo, perché frutto dei gameti della coppia committente, oppure risulta dalla fecondazione dell’ovocita della donna gestante con il seme di chi fa la richiesta. Il figlio/a, una volta nato, è consegnato a chi ha pattuito la gestazione. Nei Paesi in cui è lecita/tollerata (come alcuni Stati degli Usa, in Canada, Ucraina o India) di solito c’è un accordo legale ed economico, con relativo compenso e con vincoli pesanti per la “madre sostitutiva” (controlli medici da fare, stili di vita da garantire, interruzione della gravidanza qualora il bambino abbia patologie, parto cesareo). Ciò ha portato allo sfruttamento di donne in difficoltà economica, più vulnerabili e facilmente disponibili a tale “affitto”. Chi pretende di difendere questa pratica tende a chiamarla “gestazione per altri”, pensando a essa solo in forma gratuita, senza compensi in denaro; cosa molto difficile, irrealistica visto l’impegno e i costi affettivi, familiari, economici per la donna nei nove mesi di gravidanza. La “disponibilità” è presente soprattutto nei Paesi poveri, e in ogni caso diventa una forma di induzione sulle donne socialmente e psicologicamente più fragili.
Dal punto di vista etico, c’è un ampio consenso nel giudizio negativo su tale pratica, e in gran parte dei Paesi essa è legalmente vietata. Si ritiene, infatti, che sia uno sfruttamento del corpo della donna, anche se esiste un suo consenso, perché ridotta a una “incubatrice” per altri, rompendo in partenza il legame tra il bambino che nascerà e la donna che lo porta in grembo. La Chiesa cattolica la dichiara moralmente illecita: «La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell’amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio a essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono». (Istruzione Donum vitae, II, 3).
In Italia è vietata dalla legge n. 40 del 2004, art. 12, e vi è un dibattito in corso per considerarla reato anche se compiuta all’estero. Sta crescendo in Europa e altrove la proposta di una convenzione internazionale che la bandisca a livello mondiale (vedi Dichiarazione di Casablanca del 3 marzo 2023, di cui ha dato conto è vita il 23 marzo). «Lo scambio di vita tra i due esseri umani, quello che arriva al mondo e quello che ve lo accompagna, domanda di andare avanti senza interrompersi... e avrà fine quando quei due avranno imparato, nel corso del loro stesso rapporto, a sostituire lo scambio delle materie con quello dei segni» (Luisa Muraro).
Cancelliere
Pontificia Accademia per la Vita
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