Dov’è il nostro tesoro? Dove sta il nostro cuore? Il messaggio di Cristo, del Risorto, ci mette davanti a una scelta critica: seguire l’agio del mondo o scegliere l’essenziale, ovvero quel “deserto” dove, spogliati di tutto, possiamo incontrare Dio? San Guido di Pomposa scelse la seconda via e, come avrebbe fatto poi san Francesco un paio di secoli più tardi, decise di diventare testimone in prima persona della chiamata all’essenzialità, spogliandosi di tutto. Guido degli Strambiati era nato nei pressi di Ravenna tra il 965 e il 970 e da giovane si era dedicato agli studi vivendo negli agi. La sua vita cambiò quando decise di donare gli abiti ai poveri: vestito solo di un saio, andò a Roma da pellegrino. Venne ordinato prete e poi prese la strada verso la Terra Santa. Dopo il rientro a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida di Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998. Con lui il monastero crebbe e vide ampliarsi la comunità di monaci, tra i quali ci fu anche Guido d’Arezzo (ricordato anche come l’inventore del pentagramma). L’abate santo collaborò con l’arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica e favorì le nuove teorie in campo musicale liturgico. Nel 1046 si mise in cammino verso Piacenza dove l’aveva invitato l’imperatore Enrico III; malato, dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì.
Altri santi. San Beniamino, diacono e martire (V sec.); sant’Agilolfo, vescovo (VIII sec.).
Letture. Romano. Ger 20,10-13; Sal 17; Gv 10,31-42.
Ambrosiano. Aliturgico.
Bizantino. Gen 49,33-50,26; Pr 31,8-31.
t.me/santoavvenire
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