mercoledì 29 dicembre 2021
Alcuni scritti di estetica di Hans Georg Gadamer sono stati felicemente riuniti da Riccardo Dottori, con vasta introduzione, sotto il titolo L'attualità del bello (Marietti 1820, pagine 228, euro 22,00). Discepolo di Heidegger, Gadamer è morto a 102 anni nel 2002, ed è celebre per gli studi di ermeneutica filosofica confluiti in Verità e metodo (1960), tradotta in italiano da Gianni Vattimo. Il gioco, il simbolo, la festa sono le tre componenti che Dottori evidenzia nell'esperienza estetica secondo Gadamer: «L'aleatorietà insita nel concetto di gioco impone di considerare l'opera d'arte come qualcosa che non si dà semplicemente nella mente dell'artista, ma come cosa che può o non può riuscire, quindi come qualcosa continuamente aperto per l'interpretazione che deve partecipare al gioco originario». Il carattere simbolico dell'opera d'arte le conferisce il suo carattere di “rappresentanza”: non solo perché, come ha scritto Goethe, «tutto è simbolo» – cioè ogni cosa allude a un'altra – ma perché «ciò che nell'opera d'arte ci appare non è né la realtà ideale, né il semplice ritratto dell'esistente, ma la realtà della rappresentazione stessa, quale condensazione di quel fenomeno di eccedenza dell'esistenza che si ha nel gioco». Con il concetto di festa, Gadamer restituisce all'arte la sua autentica dignità «che nell'arte classica era la sua sacralità, il fatto di essere celebrazione; un carattere ancor oggi vivo, nel teatro e nella pittura, nell'architettura e nella musica, e perfino in quella che sembra la più intima delle arti, la letteratura e la poesia: celebrazione intima dell'esistenza e celebrazione esteriore nella lettura pubblica, per non parlare della forma più vistosa in cui rivive nell'arte l'antica festa, cioè lo happening». Profondissime le considerazioni di Gadamer sul rapporto tra arte e linguaggio. Dottori spiega che «per Gadamer il linguaggio è l'essere di tutto ciò che può essere compreso» e la comprensione del linguaggio delle arti consiste nella loro traduzione nel logos o parola «cioè nel linguaggio comune che è il linguaggio naturale, il nostro linguaggio, la base del nostro comprendere». Rispetto alla prima edizione italiana dell'Attualità del bello (1986), questa nuova riproposta comprende un breve saggio di Gadamer sul ciclo di disegni dell'amico Willibald Kramm (1891-1969) dedicati a Kafka. Gadamer scrive che Kramm «apre nel medium del figurativo, con poche linee e con colori velati, lo spazio fra l'essere e il nulla, in cui il nostro mondo svanisce sempre di più in una esistenza senza immagine». Belle parole – ma quale spazio c'è fra l'essere e il nulla? – che però non si attagliano a questi disegni (riprodotti in otto grandi tavole a colori) dal tratto incerto e dai colori assai poco kafkiani, insomma, a questi disegni incredibilmente brutti. Anche per Gadamer, dunque, resta difficile il passaggio dalla riflessione teorica (ineccepibile) all'applicazione al caso concreto (miserello).
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