Una catena di eventi: arresto respiratorio, crescenti problemi di mobilità, tetraparesi, difficoltà ad articolare le parole e a deglutire. Poi la sentenza che cala come una scure: Sla. Serena accetta la tracheostomia perché ha paura di morire soffocata. La malattia è molto aggressiva e in poco tempo si ritrova completamente immobile nel letto, con un tubo in gola, senza poter mangiare. Dipendente in tutto dagli altri. Da giovane aveva espresso il desiderio di non vivere attaccata a una macchina, ora si ritrova proprio in quella situazione. Intorno a lei, tanta gente che le vuole bene: il marito, le figlie, gli amici. Nel tempo matura la decisione di rinunciare alla tracheostomia, si decide di mandarla in un hospice per assecondare la sua volontà e accompagnarla senza farla soffrire finché non abbia smesso di respirare. Nei giorni prima della dimissione dall'ospedale gli infermieri esaudiscono gli ultimi desideri: assaggiare la pasta al ragù, sorseggiare il caffè che da tempo non assaporava e un bicchiere di birra. Istanti brevi e intensi di gioia. Carezze sulle sue ferite. Festeggia insieme ai parenti, ai compagni di stanza e al personale, ridendo e piangendo. Quando la portano all'hospice dice tra le lacrime: «Questi tre giorni con voi hanno cancellato mille giorni tristi. Grazie».
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