mercoledì 18 aprile 2018
Vinitaly si appresta a vivere l'ultimo giorno, dopo il bagno di folla di operatori e consumatori che hanno abitato i padiglioni della fiera di Verona, ma anche la città con Vinitaly and the City, che lunedì sera faceva parlare di 60.000 presenze di wine lovers al seguito di questa formula itinerante anche a Bardolino, Soave e Valeggio sul Mincio.
E poi, come avevamo previsto la settimana scorsa, c'è stato il bagno di vip e di politici che hanno scelto il traino del vino per associare la loro immagine a qualcosa che vince. Durante una trasmissione televisiva dove sono stato ospite, mi ha colpito la riflessione del direttore dell'Arena di Verona: il vino è diventato un deterrente per la fuga dei nostri giovani all'estero. E a guardare fra gli stand oppure a conoscere le storie dei giovani che si raccontavano ad altri coetanei in un match che aveva per titolo Young to Young, veniva da esclamare: «È vero!».
Del resto, per la prima volta quest'anno si è registrata una ripresa dei consumi interni di vino, mentre l'export continua a dare buone soddisfazioni. E Vinitaly ha già in programma un roadshow in nuovi mercati: dall'India all'America Latina. Dunque il tema che può sintetizzare tutte le sfumature di questo Vinitaly è: come non tradire le aspettative dei giovani, in un'Italia dominata da quel vecchiume che rimane attaccato alla poltrona, con l'unica strategia dell'autoreferenzialità.
Ma non è la sola minaccia per il futuro: c'è anche l'invadenza della finanza, per cui si legge che mezzo ettaro di vigneto nelle zone del Barolo è stato pagato 2 milioni di euro! Una follia, tale per cui l'acquisto di una vigna non è più un investimento destinato alla produzione, ma qualcosa che sembra avere a che fare con una nuova bolla, patrimoniale o finanziaria che sia. Di fronte a ciò, il giovane che s'affaccia in questo mondo cosa fa? Getta la spugna. Oppure viene stimolato a cercare espressioni colturali in altre zone, salvo poi trovarsi ad affrontare un ginepraio di pastoie burocratiche che talvolta sono scoraggianti.
Se Vinitaly è stato un banco di prova (per ora solo di comunicazione: gioco facile) per i nuovi leader che hanno avuto applausi e bagno di folla, resta da capire se lo sarà anche per la semplificazione che dovrebbe spianare la strada a un'economia sana. Dietro al mondo del vino c'è in gioco molto più di una bottiglia: c'è l'ambiente, c'è il racconto di una storia antica che ha saputo trasformarsi e rigenerarsi. C'è l'antidoto allo spopolamento delle campagne e anche, cosa non da poco, l'invito a restare in questo Paese, a dare fiducia a un'Italia che non vorremmo fosse condannata all'incomunicabilità fra fazioni politiche dimentiche dell'unico motivo per cui esistono: la salvaguardia del bene comune.
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