venerdì 7 agosto 2009
Che bello. Ho sentito parlare di "questione morale" nel calcio italiano d'oggidì. E bastato che Berlusconi permettesse la cessione di Kakà al Real per il buon fine di risanare il bilancio del Milan (mercoledì però ha fermato in extremis sui blocchi Pirlo, pronto lui pure a salutare l'Italia per raggiungere Carlo Ancelotti al Chelsea) ed ecco che in molti - forse troppi - si sono sentiti sdoganati (specialità del Cavaliere, evidentemente) e si sono dati da fare per imitarlo.
Ma solo a chiacchiere, come fanno quei bottegai che di questi tempi evitano di darti lo scontrino «perché, capisce? C'è
la crisi». La crisi è spesso un alibi per i furbacchioni: nel calcio maggiore, dove al momento solo in pochi - da applauso il Napoli di De Laurentiis e il Genoa - hanno lavorato per una squadra forte in un bilancio sano, c'è chi gioca sugli stipendi umilianti (ecco perché allenatori giovani o magari ignoti spacciati per emuli di Guardiola)
o organizza il festival degli Sconosciuti, preparandosi a far pagare ai tifosi un biglietto stracaro per uno spettacolo scadente. Nei quartieri bassi, poi, c'è anche chi, in nome della Crisi Globale, ha ucciso la storia del calcio, facendo scomparire il Pisa, l'Avellino, il Treviso (retrocesse dalla serie B e poi cancellate dai professionisti).
Come stupirsi, in un mondo che ha lasciato cadere nel baratro glorie come
la Pro Vercelli, il Casale, il Novara e altre stelle? Però si parla di Etica e ho già ricevuto inviti per dibattiti ad hoc che si svolgeranno numerosi (me assente) perché anche l'Etica ha il suo marketing e fa parte del business.
L'immoralità del calcio è un vecchio pallino dei Dirottatori, vale a dire quei commentatori o politici o moralisti, che dirottano l'attenzione sui giochi pallonari per impedire di vedere bel altri affronti al pudore. Stavolta, però, mi metto anch'io dalla parte degli scandalizzati soprattutto per il forte contrasto che c'è fra la bufala dei Padroni del Vapore risparmiosi e il battage dei media che nel settore economico e sociale preannunciano sangue sudore e lacrime e disegnano un'Italia povera e disperata, mentre nelle pagine sportive aggiornano minuto per minuto l'ultima Battaglia del Grano (in Euromilioni) ingaggiata da quei due simpaticoni di Ibra e Eto'o. Ibrahimovic in verità ha lavorato sott'acqua, con annunci sibillini, ottenendo quel che voleva, ovvero il Barcellona, mentre il Leone del Camerun Eto'o ha straparlato con l'Inter di dieci, dodici, quindici milioni netti di stipendio l'anno e magari presto ci dirà che una parte sono destinati alle buone opere di Mandela (che stava a cuore anche a Gullit, se ben ricordo, e alle sue scelte di vita). Il presidente del Barça Laporta s'era indignato per le spese pazze del Real, poi per Ibra ha pagato circa 70 milioni a Moratti, che a sua volta voleva seguire le scelte di Berlusconi ma ha finito per coprire d'oro Eto'o. Oooh. Il tutto come un sei al SuperEnalotto.
E dire che nel '75, quando Ferlaino acquistò dal Bologna Beppe Savoldi, pagandolo un miliardo e mezzo, un giornalone scrisse che con quella cifra a Napoli ci facevano un ospedale e un politicone parlò di "abisso morale" mentre già correvano le tangenti. In verità, non stiamo vivendo la crisi del calcio ma quella dell'informazione.
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