Ciò che rimane di noi dopo la nostra morte è solo l'amore che abbiamo saputo dare a coloro che ne avevamo bisogno. La carità, intesa come amore cristiano verso le sorelle e i fratelli, è un gesto eterno, destinato a vivere per sempre nello svolgersi del tempo. Ecco perché Elisabetta di Ungheria è santa e oggi viene ricordata dalla Chiesa di tutto il mondo: nella sua vita seppe farsi portatrice di carità, in famiglia, così come accanto ai malati, ai quali dedicò gli ultimi anni della sua breve vita. Nata nel 1207 a Sárospatak, fu data in sposa, giovanissima, all'erede del trono di Turingia, Ludovico IV. Divenne madre a 15 anni e rimase vedova a 20, decidendo di ritirarsi prima ad Eisenach e poi nel castello di Pottenstein. Infine elesse a dimora una modesta casa di Marburgo, inimicandosi così i parenti che la privarono dei figli. In questo clima di ostilità Elisabetta portò avanti il progetto di una vita offerta a Dio e ai poveri: fece costruire un ospedale ed entrò nel Terz'ordine francescano. Visse da mendicante fino alla morte nel 1231.
Altri santi. Santi Acisclo e Vittoria, martiri (304); sant'Ugo di Novara di Sicilia, abate (XII sec.).
Letture. Romano. 2Mac 7,1.20-31; Sal 16; Lc 19,11-28.
Ambrosiano. Ez 2,1-10; Sal 13 (14); Gl 2,10-17; Mt 9,9-13.
Bizantino. 1Tm 1,18-2,15; Lc 15,1-10.
t.me/santoavvenire
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