Prima del fast food, prima della rucola su ogni cosa o dei pomodorini Pachino per insaporire insalate, il segno del prezzemolo, che in qualche modo era dappertutto, lo rappresentava la liquirizia. All"oratorio vendevano le stringhe nere di liquirizia, oppure le roselline con una pallina zuccherata all"interno. Ce la mangiavamo durante la proiezione del film la domenica pomeriggio. Era prelibata e persino nelle confetterie c"erano quei vasi trasparenti ripieni di bottoni o tronchetti, morbidi o duri.Il papà comprava i bastoncini, biondi e filacciosi, che teneva in bocca per smettere di fumare. Il succo penetrante della liquirizia era un deterrente, benché la stessa liquirizia fosse uno degli ingredienti aromatici delle sigarette. E anche noi piccoli la masticavamo, un po" per sentirci grandi. Col passare del tempo le stringhe rimangono attuali per i bambini, lo vedo dai figli e non riesco a capire a quale attrazione di marketing rispondano.In Italia la capitale della liquirizia è la Calabria e a Rossano Calabro, nel palazzo della famiglia Amarelli c"è un interessante museo dedicato proprio a questa attività. È incredibile leggere gli antichi registri per vedere il fiorente commercio anche nei tempi di povertà. Se poi si va nella fabbrica vera e propria, si rimane colpiti dall"artigianalità della lavorazione che è rimasta come i secoli addietro. Pentoloni di rame cuociono lentamente una massa nera, un magma che una volta pronto si trasforma nei tanti prodotti che conosciamo. Sembra di una semplicità disarmante tutto questo e, se dalla fabbrica si va nello spaccio, si scopre come la liquirizia sia diventata un prodotto moderno. Vendono la pasta aromatizzata alla liquirizia, ma buonissimo è anche il liquore di liquirizia, assai digestivo. La polvere di liquirizia è utilizzata in cucina sia nei piatti di pesce e di carne sia nei dolci. Insomma, della liquirizia non ci libereremo mai. Ed è paradossale: rimane forse l"alimento di cui meno abbiamo bisogno, ma bene o male ci accompagna per tutta la vita.
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