L'elegante e stralunata collanina di
«Autentici falsi d'Autore» dell'editore
Guida propone riletture e intelligenti
interpretazioni/stravolgimenti di capolavori
letterari e saggistici, da Kipling a Manzoni, a
Wittgenstein, Swift, Socrate, Boccaccio.
Schietto godimento intellettuale, non privo
di divertimento. Gianfranco Bettetini, nel
più recente volumetto della serie (pp. 80,
euro 8), si è cimentato con il Riccardo III di
Shakespeare, ma " da regista, semiologo,
sceneggiatore, romanziere qual è " l'ha fatto
attraverso Orson Welles. Tutto inventato,
tutto verosimile, sulla verità di Shakespeare.
Bettetini ha immaginato che alla morte di
Orson Welles (1985) due giovani cinefili si
siano recati nella dimora del regista a caccia
di cimeli, trovando una traccia che li porta a
Herman J. Mankiewicz (1897-1953), lo
sceneggiatore di Quarto potere, di Orson
Welles, premio Oscar 1941. (Nella quarta
di copertina del libro di Bettetini,
Mankiewicz è siglato «J. L.» anziché «H. J.».
Ma J. L. è Joseph Leo Mankiewicz, regista da
quattro Oscar per Lettera a tre mogli, 1949,
ed Eva contro Eva, 1950, fratello dell'Herman
Jacob Mankiewicz, sceneggiatore di Quarto
potere. Cose che capitano quando si gioca
con i falsi d'autore). I due cinefili si recano
dunque nella casa di Mankiewicz,
trasformata in museo dal figlio, il quale li
accoglie benevolmente e, dopo qualche
reticenza, dissigilla con loro una grossa
busta sulla quale era scritto: «Non aprire se
non dopo la mia morte e anche oltre...». Ed
ecco la sorpresa: la busta contiene quattro
lettere di Orson Welles che, mentre sta
girando l'Otello, confida all'amico il progetto
di un film tratto dal Riccardo III. Perplessità
con i produttori, dubbi di interpretazione,
sottile strumentalizzazione dei consigli di
Mankiewicz e, finalmente, una bozza di
sceneggiatura dell'eventuale Riccardo III. È
una sceneggiatura bellissima (infatti è di
Bettetini) che smonta e ricompone la
tragedia scespiriana secondo
un'angolazione originale. Riccardo, deforme
nel corpo e più ancora nello spirito, è sì il
campione di ogni nefandezza, che uccide
fratello, nipoti e altri congiunti per
conquistare il potere con l'inganno, la
lusinga, il diabolico sarcasmo che è la cifra
più sua, ma Bettetini dà il giusto rilievo alle
figure femminili: la vecchia regina
Margherita, con le sue maledizioni che
vanno sempre a segno, la regina Elisabetta,
vittima e suo malgrado complice dell'ultimo
disegno di Riccardo, la sventurata Duchessa
di York, madre del mostro... Sono queste
donne, coraggiose e infelici, anche in
dissidio fra loro, a dare la dimensione della
malvagità di Riccardo, passato alla storia per
la battuta finale, «Il mio regno per un
cavallo!», ma personaggio di ardita
complessità, vera personificazione di una
«struttura di peccato». E il genio di
Shakespeare rifulge già in quest'opera
giovanile, composta tra il 1591 e il 1594.
Quale altro autore potrebbe mai rivaleggiare
con la scena in cui Riccardo seduce a parole
Lady Anna, a cui ha appena ucciso il padre e
il marito? Per il testo della tragedia, Bettetini
ha lavorato sulla traduzione di Vittorio
Gabrieli, anziché su quella di Salvatore
Quasimodo, forse per timore di ledere la
maestà del Nobel 1959, e neppure, forse per
scaramanzia, sulla traduzione classica di
Mario Praz. Questo »Falso d'Autore» si
chiude con un colpo di scena che,
evidentemente, non riveliamo: basti dire che
la perfidia di re Riccardo scorre impavida
attraverso i secoli. Il piccolo libro sembra
pronto per la trasposizione cinematografica
o televisiva, quasi a invocare un produttore,
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