Il vestiario tipico delle Dame a servizio dei nobili giapponesi «prevede innanzitutto una tunica bianca e una gonna pantalone (negabakama), di solito rossa, sulla quale viene indossata una veste sfoderata (hitoe) alla quale si sovrappongono in successione: un completo di vesti foderate (kasane uchigi) di numero variabile (di solito tre, cinque o sette), una veste di seta lucida (uchiginu) e una sopravveste di tessuto operato (uwagi). Completa l'abbigliamento una sorta di giacca corta aperta sul davanti con maniche larghe e collo risvoltato (karaginu) e uno strascico a pieghe (mo) che si lega alla vita». Siamo intorno all'anno 1000, e sembra di sognare.Apprendiamo queste e altre notizie dal Diario di Murasaki Shikibu (Marsilio, pp. 128, euro 12), a cura di Carolina Negri. Il confronto è inevitabile. Il Diario è stato redatto verso il 1010-1012 e descrive i cerimoniali di un mondo chiuso e raffinatissimo, dove si dava gran peso ai colori non bene intonati di una veste, e la comunicazione nel palazzo avveniva anche attraverso lo scambio di brevi poesie.In quegli anni, in Occidente, gli eventi erano più rudi. Nel 1010 Oxford veniva distrutta dall'esercito vichingo di Thorkell, senza riguardi per il cerimoniale, e per lunghi anni l'Inghilterra e la Scozia furono teatro di sanguinosi scontri con danesi e vichinghi. Nel 1012 diventò papa, col nome di Benedetto VIII, Teofilatto di Tuscolo, che subito regolò i conti con la famiglia rivale dei Crescenzi e incoronò imperatore Enrico II, ricevendo in cambio dubbia protezione. Certo, la corte imperiale e quella pontificia avevano i loro rituali e la loro etichetta, ma difficilmente potrebbero rivaleggiare in bon ton con l'aristocrazia giapponese che Murasaki Shikibu aveva già descritto nel romanzo Genji monogatari, in 54 capitoli, capolavoro fondativo della letteratura giapponese.Per tornare al Diario, Murasaki descrive la sua vita di corte al servizio di Shoshi, sempre designata come Sua Maestà, figlia del potente Fujiwara no Michinaga («Sua Eccellenza»), proprio quando nasce il principe Atsuhira, futuro imperatore, con immensa gioia della corte e, in particolare, del nonno Michinaga che già pregusta un cospicuo balzo di potere.I preparativi per la nascita del Principe e la cerimonia del suo primo bagnetto, con la scena dell'amuleto a testa di tigre per scacciare gli spiriti malefici, sono descritti per filo e per segno, anche con particolari domestici di «Sua Eccellenza» che coccola il nipotino: «Un bel giorno al Principe scappò la pipì e Sua Eccellenza subito si slacciò la veste per asciugarla col fuoco dietro il baldacchino. "Sono così felice che mi abbia bagnato la veste! Mentre la asciugo ho la sensazione che i miei desideri si siano davvero realizzati", esclamò felice».Le bellissime Dame di Corte, con le loro bellissime vesti, vivono comunque nell'ombra e fanno a gara per non dare pretesti di critica in un ambiente estremamente pettegolo, in cui l'estetica prevale su ogni altra dimensione. Murasaki stessa, per esempio, confiderà di conoscere la scrittura e i classici cinesi solo a Sua Maestà e a poche altre persone fidate, nel timore di apparire vanitosa. Peraltro, non si perita di descrivere con umorismo e sottigliezza psicologica il carattere e le debolezze delle Dame sue colleghe, in un mondo in cui fa scandalo un imperfetto abbinamento dei colori delle maniche, cosa che «saltò subito agli occhi dei nobili presenti».Mettendo a disposizione del pubblico italiano questo singolare capolavoro Carolina Negri, che insegna letteratura giapponese all'Università Ca' Foscari di Venezia, compie un'opera encomiabile per valutare la grande e ricca distanza che separa la cultura orientale da quella occidentale.
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