Sotto la Croce c'è una ragazzina che non distoglie gli occhi da uno dei tre crocifissi: non quello di mezzo, uno degli altri due. È suo padre. Parte da questa forte intuizione il Miserere di Giovanni Donna d'Oldenico (Lindau, pagine 98, euro 10,00). La ragazzina, ormai donna e madre, rievoca anni dopo quel momento, rivive i propri sentimenti e intuisce quelli che sarebbero stati i sentimenti di suo padre morente. Tutto ruota intorno a quella frase pronunciata nello strazio dal Crocefisso che sta in mezzo: «Perdona loro perché non sanno quello che fanno». Da qui una profonda riflessione sulla misericordia e sul perdono, che parte proprio dal crocifisso che la tradizione chiama Dima (o Disma) che si sente responsabile, in quanto peccatore, delle sofferenze dell'innocente in mezzo a loro due. Dima ripercorre la sua vita, la scelta di darsi al furto (ma senza violenza) della cui gravità diviene consapevole proprio dall'alto della croce: «Non è il male commesso, ciò che può fare obiezione a questo perdono che lui chiede per me; lo è il non aver perdonato il male che ho ricevuto: ecco la mia parte!». Eppure, Dima è stato un padre amoroso, orgoglio della figlia che lo contempla morire: «Ho tenuto compagnia a mio papà sino alla fine. Come per riscaldare il cuore che mi si ghiacciava. Come per impedire al cuore di piangere, addolorando il dolore di mio padre e insinuandogli vergogna di sé, proprio io, che mai, mai mi sono vergognata di lui». La densa e originale meditazione di Donna d'Oldenico è accompagnata dalle riflessioni di padre Maurizio Botta, di monsignor Massimo Camisasca e del cardinale Robert Sarah. Botta rifiuta la rappresentazione di un Cristo che muore abbandonato e solo: «Le sue ultime parole, “Oggi sarai con me nel paradiso”, furono espressione della certezza che la sua non era una morte senza senso e abbandonata, ma sotto lo sguardo amante del Padre suo. Anche noi uniti a Gesù non moriamo da soli, ma possiamo, anche noi, morire uniti a Lui davanti al Padre». Camisasca affronta un tema che potremmo definire politicamente scorretto: “L'ira di Dio contraddice la sua misericordia?”. Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla osserva che «la considerazione dell'ira di Dio scuote in profondità la nostra fin troppo facile risoluzione buonista del dramma che è la vita e ci costringe a un mai terminato itinerario della mente e del cuore alla scoperta di chi è Dio e di chi è l'uomo». Quanto al timor di Dio, basti questa frase di Tertulliano: «Come si può amare, se non si ha il timore di non amare?». Sarah arricchisce l'esposizione teologica con un coinvolgente esempio di perdono che proviene dalla sua esperienza pastorale in terra d'Africa. Insomma, tanti spunti di approfondimento in un così denso, piccolo libro.
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