martedì 26 febbraio 2019
Allo sbaraglio: non per diletto, ma per lucido autolesionismo. (“La Verità“, 19/2, p. 1 e int.). Intimazione esclamativa di Silvana De Mari: «Nessun compromesso sulla fede. Le religioni non sono tutte uguali»! D'accordo, ma ti chiedi chi mai fa «compromessi sulla fede» e chi mai sostiene che «le religioni sono tutte uguali», e leggendo scopri che per la De Mari sarebbero il Vaticano II e soprattutto la Chiesa di oggi, contrapposta frontalmente dall'autrice a qualche angolo di storia letta così a modo suo: «Già Innocenzo III, con il dogma proclamato dal IV Concilio Lateranense, stabilì che al di fuori di Gesù niente può essere salvato». E allora? Anche il Vaticano II annuncia che Gesù è l'unico Salvatore del mondo! Allora il nodo è nella testa di chi pensa che il suo modo di concepire e rappresentarsi Gesù, il Vangelo e la Chiesa sia l'unico “doc”. Qualcuno, chierico o laico, uomo o donna, ha così alta stima di sé che mette i confini di Dio a piacere suo, e l'impreparazione analfabeta diventa superbia “clericale”, nel senso forte e negativo del termine, responsabile di tanti guai. E “clericalismo” delittuoso – cosa di oggi – sono anche “gli abusi” ove il potere “sacrale” si impone ai “piccoli” e compie un delitto fingendo persino di offrire dall'alto un “privilegio”! Viene da pensare che anche chi, uomo o donna, in nome di sé e del suo modo di esporre e presentare la fede pretende di escludere dalla salvezza in Cristo tutto il resto dell'umanità non è solo un dilettante, ma un nemico della Misericordia divina, dell'annuncio della fede e di quella «speranza cocciuta» che papa Francesco domenica ha ricordato chiudendo i 4 giorni della chiamata a lacrime di conversione e di abbraccio delle vittime innocenti. E lì, forti, abbiamo udito voci femminili di lucida professione della fede, senza compromessi, e offerta a tutti senza confini.
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