sabato 19 marzo 2016
Il vicepresidente del sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici italiani, Franco Mariotti, mi invia il volume su Liliana Cavani, edito nel novembre dell'anno appena trascorso. È stato come aprire il sipario di un grande teatro dove sullo sfondo si alzavano alte montagne in una corona di nuvole e lampi di sole. In primo piano era lei con il suo sorriso imprevedibile che non voleva essere solo un atto di accoglienza o di gentilezza, ma una forza di persuasione, una volontà sicura di chi, non potendo ammettere intrusioni nel proprio lavoro, induceva gli altri a darle fiducia. Sono passati venti anni dal mattino in cui una signora dall'aspetto gentile si presentava, come già previsto, alla porta di quella casa nata in mezzo a una prato, come si trovano nelle favole, chiedendo di poter incominciare il suo lavoro: doveva raccontare la storia di Alcide De Gasperi. Dietro a lei era un corteo di uomini con macchinari a noi sconosciuti, grandi lampade, chilometri di cavi elettrici che nei giorni seguenti sarebbero diventati i veri padroni di casa. Fu una rivoluzione anche se fatta con il minimo disordine possibile. Non si può immaginare infatti come in poche ore si possa cambiare posto alle cose, dai tappeti alle sedie, ai mobili, ai quadri affinché abbiano una maggior luce, un taglio più adatto alla fotografia. La scala di legno che porta al piano di sopra sembrava lamentarsi quando salivano con le macchine da ripresa e le pesanti lampade. Risento ancora la mia voce dal tono quasi disperato che ripeteva: per favore piano, uno alla volta. In fondo al prato, dove il bosco si alzava nella varietà delle sue piante a nascondere il resto della valle, avevano trovato posto due grandi camion con tutto ciò che era necessario a chi doveva lavorare per le riprese del film. Si sentiva alla sera il rumore dei motori, quasi un ronzio lontano di api. “Cosa faranno?”, dicevamo tra noi, mio marito ed io, rimasti soli custodi della casa. Gli attori, Fabrizio Gifuni nella parte di De Gasperi e Sonia Bergamasco che rappresentava in quei giorni la giovane moglie di mio padre, avevano già raggiunto il loro albergo per la notte. Era settembre e le case di vacanza erano chiuse. Liliana Cavani aveva saputo dare luce di verità alla storia che stava raccontando e lei stessa dirà in una intervista: «Sul set ci sono stati momenti di grande emozione. La scena della morte di De Gasperi fu girata dove effettivamente era avvenuta con gli arredamenti originali. La troupe assisteva in un silenzio assoluto. Gli attori erano commossi. Con De Gasperi ho scoperto un personaggio straordinario, un politico esemplare, è stata una fortuna per gli italiani avere avuto una figura così». Grazie Liliana, nel leggere il volume con la raccolta di scritti e commenti sui tuoi lavori, ritrovo quei pochi, ma intensi giorni quando mi permettevi di seguirti mentre con brevi riprese sapevi descrivere fatto dolorosi e difficili con discrezione e mano leggera affinché la storia ne conservasse memoria.
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