«Non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Così sulla “Repubblica” (il servizio è di Rita Minaldi e Francesco Sarti) il ministro Franceschini replica alle acide accuse rivolte a Dante da Arno Widmann sulla “Frankfurter Rundschau”: «Egocentrico e arrivista, ha poco a che fare con la nascita della lingua italiana», la Commedia è il plagio di un poema arabo, e altre teutoniche piacevolezze. Un fiorentino si fregherebbe le mani: «Ovvia, c'è polemiha!». “Libero”, come suo solito, va per le spicce: «Olandesi e tedeschi invidiosi», i primi censurano pure il Canto su Maometto. Povero Dante che, nella sintesi della Candor Lucis aeternae di Gian Guido Vecchi sul “Corriere”, «ci chiede di essere ascoltato, di essere suoi compagni di viaggio». Dante fu vittima della politica esasperata sette secoli fa, e pure adesso. Per il “Giornale” (Serena Santini) Dante è «riabilitato» da papa Francesco: «Gli invia una lettera che finalmente lo perdona» per tutti quei Papi collocati all'Inferno e «quasi lo santifica». Il Sommo Poeta però non ha bisogno di alcuna riabilitazione pontificia, essendogli già state dedicate nel 1921 la Praeclara Summorum da Benedetto XV e nel 1965 la Altissimi cantus da Paolo VI.
Fine della “polemiha”. Bisognerebbe dire delle otto pagine dantesche del “Manifesto” («Attraverso Dante»), con Donatello Santarone che invita a «“usare” Dante oggi come fermento per le nostre domande, inquietudini, aspirazioni». O di Pupi Avati che, sulla “Stampa”, descrive la prima scena del film su Dante «che dopo un'attesa di 18 anni mi auguro di poter girare il prossimo giugno per Rai Cinema». O ancora (“Repubblica”) dell'“intervista impossibile” di Stefano Mossini a Dante, che parla così della Lupa: «Era il segno della smania di denaro, e mi faccia dire che è un male che infetta ogni cosa, non c'è scampo». O, infine, dell'intervista reale di Marzio Breda al presidente Sergio Mattarella (“Corriere”): Dante ci dà «una lezione di coerenza. Per tutti, politici inclusi». Il Poeta approva.
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