All’arrivo a Ellis island, alle porte di quei “cancelli d’America” che avrebbero dovuto essere inizio di nuova vita, gli immigrati venivano sottoposti a test d’intelligenza. Alcuni, ritenuti “idioti” o “imbecilli”, erano rispediti indietro da soli, strappati a quei cari coi quali avevano viaggiato in nome di una stessa speranza, insieme sfidando incognite e fatica. Uno dei test d’intelligenza consisteva nel commentare “Last Honors to Bunny”, un quadro raffigurante dei ragazzini in lacrime per la morte di un coniglio il cui cadavere sta ai loro piedi, pronto a essere tumulato in una fossa già scavata nel terreno. Per molti tra gli immigrati, ragazzini e donne e uomini provenienti da piccoli villaggi dell’Europa orientale, l’animale giaceva a quel modo in attesa di venire cucinato e mangiato, e in quel senso rispondevano. L’idea che lo si piangesse preparandone le esequie sfuggiva alle loro intelligenze – del tutto sane, ma in ragione di quella diversa lettura del quadro, ritenute “imbecilli” o “idiote”, e perciò respinte e non accolte. I test “figurativi” vennero poi archiviati, ma quel diverso e incompreso guardare dice di uno scempio socioculturale non alieno al presente. L’intercultura è seme da innaffiare con rispettoso ascolto e attenzione, virtù rare allora come adesso.
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