Umberto Eco l'ho incontrato non più di tre o quattro volte. Quando mi trovai in Svezia ad un convegno di artisti, in cui ero l'unico italiano, Eco era il solo nostro autore ad essere conosciuto da tutti quanti. Per gli ottant'anni di Luciano Erba, siamo ospitati sulla sua grande terrazza fiorita. Eco tiene banco. È un memorione, al punto da sapere che il mio nome figura due volte nell'opera omnia di Erba. Canta, ad alto volume, l'inno fascista Giovinezza e qualcuno teme di urtare la sensibilità dei vicini. Imparo da lui che il verso «…per Benito e Mussolini…» è dovuto al fatto che un tempo sarebbe stato «…per D'Annunzio e Mussolini…», testo corretto poi per la troppa notorietà del poeta a danno del dittatore. Lo scrittore fa buona compagnia ad una bottiglia di whisky e a notte fonda, quando ce ne andremo, scendere l'ultima rampa delle scale gli darà qualche problema. È lì che l'ancora vigoroso pittore-lottatore Viggi, lo sosterrà debitamente sotto le ascelle. Ora che se n'è andato, ricordo di lui la forte intelligenza comunicativa e alla mano. Il suo libro postumo, pubblicizzato dalle esequie, porta il titolo Papè Satan aleppe. Non ha avuto il tempo di verificare che esiste già altra titolazione simile: Papè Satan. Ma più che l'amor, potè il digiuno, il mercato va per la sua strada.
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