mercoledì 10 agosto 2016
All'abbazia di Chiaravalle, sono di casa. Una domenica al mese mi incontro con uno snello gruppo di amici ed io imparo sempre qualche cosa. La volta in cui è di turno uno storico medievista, l'argomento è «I cistercensi e il monachesimo». Con San Bernardo, i cistercensi, nel XII sec., prendono posto qui e in molte altre abbazie d'Europa, a partire dalla madre fonte di Claireveaux. È un'operazione di rientro nella regola di San Benedetto, propria del VI sec. Ma ecco il nucleo dell'economia di queste ben abitate abbazie. Le offerte e i lasciti, ottenuti a fin di preghiera, vengono così suddivise: un quarto al vescovo, un quarto al parroco, il terzo quarto destinato ai poveri e l'ultima fetta per la manutenzione del convento. Come si vede rimane scoperto il mantenimento dei monaci. Nascono così i conversi, cristiani laici, che coltivando i campi del convento, provvedono alla bisogna. Propongo al docente, interessandolo, lo studio dell'economia monastica come ispirazione alla divisione dei beni nella società civile. L'Italia è sempre meno fondata sul lavoro e l'occupazione sembra ridursi progressivamente. Questo sapere cenobitico, che non è una favoletta lunare, potrebbe ridisegnare il rapporto fra la totalità dei beni della nazione e le necessità dei cittadini di questa penisola da reinventare.
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