All'abbazia di Chiaravalle, sono di casa. Una domenica al mese mi incontro con uno snello gruppo di amici ed io imparo sempre qualche cosa. La volta in cui è di turno uno storico medievista, l'argomento è «I cistercensi e il monachesimo». Con San Bernardo, i cistercensi, nel XII sec., prendono posto qui e in molte altre abbazie d'Europa, a partire dalla madre fonte di Claireveaux. È un'operazione di rientro nella regola di San Benedetto, propria del VI sec. Ma ecco il nucleo dell'economia di queste ben abitate abbazie. Le offerte e i lasciti, ottenuti a fin di preghiera, vengono così suddivise: un quarto al vescovo, un quarto al parroco, il terzo quarto destinato ai poveri e l'ultima fetta per la manutenzione del convento. Come si vede rimane scoperto il mantenimento dei monaci. Nascono così i conversi, cristiani laici, che coltivando i campi del convento, provvedono alla bisogna. Propongo al docente, interessandolo, lo studio dell'economia monastica come ispirazione alla divisione dei beni nella società civile. L'Italia è sempre meno fondata sul lavoro e l'occupazione sembra ridursi progressivamente. Questo sapere cenobitico, che non è una favoletta lunare, potrebbe ridisegnare il rapporto fra la totalità dei beni della nazione e le necessità dei cittadini di questa penisola da reinventare.
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