giovedì 17 novembre 2016
Michele Brancale
«Stasera è con me Albino Pierro, nostro sommo poeta, apprezzatissimo da Gianfranco Contini, e si parla di te, e quanto gliene dico lo induce a mandarti le sue più recenti opere. Ciò che più innamora in questo grande artista, con cui mi sento affine in parecchie cose, è nelle sue creazioni in dialetto lucano: un dialetto aspro e dolce a un tempo, le cui origini si radicano nella protostoria. Ma non ti scoraggi la difficoltà, anche perché ogni componimento è accompagnato da versione in lingua italiana. Quando verrai, sarò felice di mettere te e lui in contatto. Di Pierro si occupano i nostri periodici letterari, la radio, critici e maestri: al vertice, ripeto, il grande Contini».
Poche righe di Antonio Pizzuto (1893-1976), il questore scrittore che Polistampa sta editando integralmente, per un ritratto efficace di Albino Pierro (Tursi, 1916- Roma, 1995), maestro della poesia dialettale, di cui a Tursi, domani e sabato si celebra il centenario della nascita con una serie di eventi culturali. Il profilo è contenuto nei carteggi pubblicati sotto il titolo L'ultima è sempre la migliore (1967-1975), con le lettere di Antonio Pizzuto ad Alberto Mondadori e a Madeleine Santschi (1916-2010), scrittrice e traduttrice in francese di Pizzuto e poi di Pierro. Il ritratto di Pierro è offerto da Pizzuto a Santschi. Una foto li ritrae insieme in un momento di incontro conviviale, a Castelgandolfo, nel 1970.
Il primo incontro di Pizzuto con Pierro risale all'anno precedente. In una lettera a Giovanni Nencioni (del 21 novembre 1969) lo scrittore riferisce di una recente occasione conviviale, «con litroni di bianco secco, alla Taverna Appia», insieme a Pierro e ai coniugi Contini: «...morigerati lei e lui quanto dionisiaci Franco e io». Dalla comparazione delle lettere si comprende che erano stati i Contini a presentare Pierro a Pizzuto. In una lettera a Vanni Scheiwiller (2 dicembre 1969) Pizzuto scrive: «Giorni fa sono stati qui i Contini. Ho così conosciuto Albino Pierro e ne ho letto le belle e originali poesie in dialetto lucano». Proprio Scheiwiller nel 1971 pubblica Famme dorme di Pierro e nel '77 la traduzione in francese, Lasse-moi dormir, con testo a fronte in lucano tursitano, operata da Santschi. Al momento della pubblicazione, Pizzuto è da poco scomparso ma una sua nota accompagna il libro: «La concezione pierrana attua un ideale in cui ho fede assoluta: che l'arte è equilibrata congenita sintesi di sostanza e forma, dalla struttura molecolare alla compiutezza totale, passo per passo, ritmo dopo ritmo...».
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