mercoledì 28 dicembre 2016
Lunedì 19 luglio 1976 la Francia si svegliò con una notizia di cronaca che aveva dell'incredibile: nel weekend il caveau della Société Générale di Nizza era stato svuotato. La mente di quella che fu subito denominata "la rapina del secolo" – un bottino di oltre cento milioni di franchi, in gioielli e contanti – era Albert Spaggiari, singolarissimo avventuriero cosmopolita.
Nato in Provenza nel 1932, orfano di padre a tre anni, ebbe un'infanzia triste. A diciott'anni si arruolò volontario per combattere in Indocina. Arrestato nel 1954 per un furto a Saigon, venne rilasciato tre anni dopo. Da subito prese contatti con l'estremismo di destra francese, militando nell'Oas (Organisation de l'armée secrète), contraria all'indipendenza dell'Algeria. Nel 1961 tentò perfino di assassinare Charles De Gaulle. Arrestato l'anno dopo per motivi connessi alle attività dell'Oas, viene rilasciato nel 1965 e si trasferisce a Nizza aprendo un negozio fotografico. Ma non era tagliato per una vita piccolo borghese: con la rabbia del perdente che mai si arrende, architettò la grande rapina come estrema avventura.
Un personaggio simile interessò tangenzialmente anche Ken Follett; la "rapina del secolo" ispirò libri e film. Ma come andarono esattamente le cose? Finalmente il pubblico italiano può leggere Le fogne del Paradiso, a cura di Carlos D'Ercole, il resoconto autobiografico che Spaggiari scrisse a ridosso degli avvenimenti, nel 1977, pubblicato in Francia qualche anno dopo. La traduzione è di Jacopo Ricciardi per la Oaks Editrice, nella collana "Ribelli" dell'eclettico Luca Gallesi (pp. 224, euro 18; postfazione di Tomaso Staiti di Cuddia).
Il libro è attanagliante. Nessuno avrebbe potuto immaginare una storia come quella, se non fosse vera. Spaggiari racconta passo dopo passo com'è stata architettata quell'impossibile impresa, costruita su elementi casuali e su incontri fortuiti che si strutturano in un disegno implacabile. Il colpo fu eseguito dalla collaborazione fra due squadre di criminali professionalmente abilissimi: quella di Spaggiari, assortita di elementi stravaganti e solidali, e quella di Pierre, altrettanto e forse ancor più pittoresca. Gente che non aveva nulla da perdere, affascinata da quel "Paradiso" di denaro da conquistare con quattro e più mesi d'Inferno nelle fogne di Nizza, scavando un cunicolo per arrivare fino al muro del caveau, immersi nella melma (eufemismo), assaliti dai topi, fra momenti di euforia alternati a crisi di sconforto.
Spaggiari non l'ha fatto per il bottino: certo, i soldi sono importanti ed egli seppe utilizzarli, ma era l'avventura per l'avventura a motivarlo, in una sorta di superomismo nichilista autodistruttivo, in tacita competizione con Pierre: «Era un duro Pierre, un tipo che aveva afferrato il suo destino alla gola. Io l'avevo afferrato per la cintura. Non è la stessa cosa». Spaggiari si rivela grandissimo scrittore: i caratteri sono scolpiti, il ritmo non dà tregua. Con gergalismi e parolacce, inevitabili nel mondo a parte della malavita, con le sue regole e i suoi slanci, in cui la solidarietà, pur nel male, si colora di amicizia.
Spaggiari fu arrestato il 27 ottobre 1976 a seguito della delazione dell'individuo – lui lo chiama l'Ectoplasma – che pur l'aveva messo in contatto con Pierre. Il 10 maggio 1977, durante un interrogatorio, saltò dalla finestra dello studio del giudice: con un volo di 8 metri, rimbalzò sul tetto di un'auto parcheggiata e poi via, sulla moto rombante del fido Biki, l'amico dall'allure di Tuareg. Riuscì a far perdere le tracce, riparò in America Latina. Staiti di Cuddia lo incontrò in Brasile. Nel giugno 1989 chiamò la madre dall'Italia (o forse dall'Austria) per annunciarle di essere gravemente malato. La «simpatica canaglia», come lo chiama Stenio Solinas, morirà il 10 giugno di quell'anno. Nel caveau aveva lasciato un cartello: «Senza odio, senza violenza e senza armi».
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