Il librino di Giancarlo Bosetti, fondatore e direttore della rivista Reset, Il fallimento dei laici furiosi (Rizzoli, Milano 2009, pp. 208, euro 13) non è piaciuto a Eugenio Scalfari, e questa è un'ottima credenziale. A lettura ultimata, tuttavia, molti dubbi rimangono anche se di segno opposto a quelli di Scalfari.
La tesi è semplice e ipercondivisibile: l'apporto delle religioni è indispensabile alla democrazia, e quindi i «laici» ferocemente antireligiosi sono fuori strada e fuori dalla storia, perché trattano da nemico un potenziale e utile alleato. L'aveva già detto la buonanima di Tocqueville, e fa piacere che, se non Scalfari, almeno Bosetti sia d'accordo.
Ma di quale religione parla Bosetti? Le sue simpatie vanno al «believing without belonging» di Grace David, al credere senza appartenere: «I fedeli sono meno disciplinati nelle loro opinioni e pratiche, mantengono il rispetto per le loro Chiese, ma non si sentono vincolati a rispettarne il dettato, specie quando contraddice la loro percezione di quel che è giusto nello stile di vita, nel rispetto delle tendenze sociali ragionevoli, nelle decisioni politiche». Quindi, niente «valori non negoziabili», eccetto quelli del «liberale» Bosetti: «Difendere il diritto della donna a decidere sulla propria maternità e di ogni individuo a decidere sulla propria sessualità senza subire discriminazioni, o il diritto di ottenere, chiedere o rifiutare, cure in condizioni estreme, rimane essenziale in una società liberale». Da qui l'ammirazione per Barack Obama che ha impostato la sua fortunata campagna elettorale sui valori religiosi (appartiene alla Trinity United Church of Christ), il che non gli impedisce di essere favorevole al diritto di aborto, pur avendo preso misure per diminuirne il numero (il bambino della favola di Andersen obietterebbe che c'è qualcosa che non va in un religioso abortista: o non è coerente con la religione, o la sua religione è abortista).
La testa di turco del relativista Bosetti è il senatore Marcello Pera colpevole di «liberalismo etnico», per aver messo «una targa geopolitica sul liberalismo: è cristiano, o talvolta giudaico-cristiano. E così sia. Che gli altri riposino in pace nel loro limbo illiberale». A Bosetti l'onere di portare la prova di un islamismo liberale.
Gli strali contro Pera sfiorano Giuliano Ferrara, ma sono diretti contro Benedetto XVI, reo di dar retta a Marcello Pera con dialoghi e prefazioni. Bosetti è intransigente con gli «errori» del Papa che in realtà sono il più alto tentativo finora espresso di difendere e promuovere la razionalità della religione. E certamente il Papa non sponsorizza la religione fai-da-te che piace a Bosetti.
La carenza insanabile dell'analisi del direttore di Reset riguarda l'antropologia. Se non si parte dalla definizione-progetto di chi è l'uomo, non si può costruire niente di eticamente fondato. Da una parte, Bosetti sostiene che «è fuori discussione il tema se sia possibile una moralità senza religione», e la sua risposta sembrerebbe che sì, è possibile. Dall'altra riconosce che «è bello pensare che il non credente sia capace di moralità, impegno civico, socialità come e magari più del religioso, ma allo stato dei fatti è wishful thinking [pio desiderio] illuministico». Dunque la religione è necessaria anche per fondare una morale e non tutte le religioni sono equivalenti. Proprio perché sono molteplici, sono gerarchizzabili rispetto alla loro graduale vicinanza alla verità (il rumore che sentite proviene dallo stracciamento delle vesti di Scalfari e, più da lontano, di Bosetti). Naturalmente lo Stato non deve privilegiare nessuna religione, e la libertà di ciascuno di seguire la propria coscienza è intangibile. Ma non tutte le religioni danno un uguale apporto alla società: dipende dall'antropologia a cui si richiamano. Finora, nessuna antropologia si è rivelata più adeguatamente umana di quella che Benedetto XVI spiega e di rilancia.
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