La nave nell’Oceano, dopo Capo Horn una terribile tempesta, finché apparve, in cielo, un grande, bianco albatro, che simile a un angelo portò buoni venti, salvando l’equipaggio che gli si affezionò. Scendeva sulla tolda a ricevere i saluti e il cibo dai marinai, finché un giorno, immotivatamente, all’improvviso, uno di loro, afferrata la balestra, mirò e lo trafisse fulminandolo. L’equipaggio ne condivide l’uccisione, facendosi complice. La maledizione scende sulla nave (vale a dire sulla comunità, sul mondo), i corpi dei compagni cadono morti ad uno ad uno, cessa ogni alito di vento, la bonaccia paralizza il vascello. Poi, nell’ arsura, sull’acqua, strani esseri anguiformi, primordiali forme di vita incompiuta: e il marinaio che aveva ucciso il bianco, angelico, splendido alato portatore di buoni venti, si commuove, prova compassione per quegli esseri repellenti e informi, ma comunque palpitanti di vita. Di qui un lungo sonno, pioggia, acqua a secchi, venti, angeli che s’impadroniscono della rotta, una lunga navigazione a espiare, fino al ritorno a terra,
La ballata del vecchio marinaio, di Samuel Taylor Coleridge. un’avventura di rivelazione, espiazione, redenzione. Che anticipa di due secoli la realtà d’oggi dell’uomo che ha spezzato i legami con la natura divina del mondo.
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