
Caro Avvenire, in tre giorni a Gaza sono morte, sotto i bombardamenti israeliani, centinaia di persone, tra cui molti bambini. I governi occidentali non hanno preso posizione e gli europeisti convinti non hanno riempito le piazze per fermare questa tragica, insensata carneficina. Io sono nata nel 1954 e mio padre, ex partigiano, quel giorno dissotterrò le armi nascoste nel bosco e le gettò in mare. Ha allevato me e mia sorella inculcandoci un ripudio totale verso la guerra, la violenza e la sopraffazione. Oggi ascoltiamo Papa Francesco, la sola voce che ancora contrasta il linguaggio bellicista, dalle tinte fosche, che impazza in tutta Europa, creando una deriva anacronistica e antistorica.
Maica Dondini
Milano
Cara signora Dondini, la sua lunga lettera (che ho dovuto scorciare) è una pregevole istantanea del difficile momento che stiamo vivendo e riassume i tanti messaggi che su questi temi stanno arrivando ad Avvenire. In primo luogo, la doppia contraddizione di un’Europa che, nata per la pace, corre a riempire gli arsenali rinnegando in parte le sue radici, e che, culla dei diritti, si preoccupa di alcuni, ma ne ignora sostanzialmente altri (in questo caso, quelli dei palestinesi). E poi – lei scrive – assistiamo a uno straniante capovolgimento culturale, in cui sono le formazioni di destra a fare (o così sembra) propri “percorsi di negoziazione, compromessi e trattati” che erano un patrimonio della sinistra. C’è poi l’interpretazione complessiva del progetto europeo che torna alla ribalta sull’onda della polemica intorno al Manifesto di Ventotene.
Mi è rimasta impressa una frase del messaggio che il Papa ha inviato alcuni giorni fa al Corriere della Sera dal suo letto d’ospedale: riferendosi alle parole e alla comunicazione, ha scritto che esiste “un grande bisogno di senso della complessità”. Ecco, spesso ci manca questa capacità di tenere insieme i molti elementi che popolano la nostra realtà. Se tanti frammenti non sono coerenti, ridurli a uno schema dualistico (e spesso manicheo), bianco o nero, buono o cattivo, ci costa meno fatica, ma finisce con il farci perdere la comprensione di quello che accade e, soprattutto, la capacità di incidere e di cambiare le situazioni.
La prima considerazione da fare è che l’Europa (spesso giustamente) così vituperata si dimostra ancora il punto di riferimento per tante nostre aspettative. E così, quando le delude, ci sentiamo traditi. Ma vale ancora la pena di darle fiducia. Servono tanti cittadini come lei, cara signora Dondini, che dal basso si facciano sentire perché gli ideali e i valori che hanno ispirato il percorso di unificazione siano rivitalizzati e attualizzati. Qui sta il punto della diatriba sull’eredità di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Ciò che ha valore e rimane è l’idea federalista, un grande obiettivo per il quale vanno sempre calibrati gli strumenti in funzione dell’epoca storica.
Per questo, a mio avviso, non hanno fatto un buon servizio al progetto di un’Europa protesa a superare gli egoismi nazionali e nazionalistici coloro che hanno cercato soltanto di difendere ogni passaggio del Manifesto, anche quelli – citati da Giorgia Meloni – che sono ormai datati. Conta di più, mi pare, che cosa si vuole fare oggi, e come intendiamo ottenerlo. Si poteva, per esempio, ricordare che l’attuale premier, all’inizio della scorsa legislatura (marzo 2018), presentò alla Camera due progetti di legge per fare sì che norme e vincoli europei siano applicabili «solo in quanto compatibili» con la piena e primaria sovranità della Repubblica italiana. L’esatto contrario del federalismo, un enorme passo indietro rispetto all’intero cammino compiuto finora a livello continentale, da perseguire, secondo quei due pdl, con un’interpretazione restrittiva dell’articolo 11 della Costituzione.
Resta poi vero, nell’ottica della complessità, che siamo di fronte a una Commissione europea incapace di avviare un convincente piano di difesa sia nel merito, per non avere insistito di più sull’obiettivo di una forza armata comune, sia nella forma, con un nome – “Riarmo Ue” – urticante per tante sensibilità diffuse. E persino nell’implementazione, dato che vi è già stato un ridimensionamento di fatto e un rinvio, malgrado l’asserita (e reale) urgenza.
Tuttavia, se guardiamo a Est (Russia) e a Ovest (Stati Uniti), non troviamo al momento motivi di particolare rassicurazione. Lavoriamo, quindi, per una Ue che sia casa comune nello spirito auspicato da Papa Francesco e dai suoi predecessori (so che nel mondo cattolico sono in cantiere iniziative importanti). Abbiamo bisogno di donne e uomini come suo padre, cara signora Dondini, che sappiano capire quando è il momento di combattere per proteggere la libertà di tutti e quando bisogna invece gettare via ogni arma, fisica o morale. Non tutto potrà sempre andare dritto, in un mondo complesso e imperfetto. Non rassegniamoci, però, e non smettiamo di lavorare per un futuro migliore.
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