La santità ha un’espressione quotidiana e comune, gira attorno a noi in modo anonimo, all’apparenza così banale e poco interessante che nemmeno la notiamo. Dobbiamo perciò dedicarci a una ricerca intenzionale per individuarla, a un ascolto più profondo di quello che solitamente ci concediamo per renderci attenti alla dizione umile della santità. La sua voce, infatti, non spacca le montagne, né sconquassa la normalità, ma quasi sempre somiglia all’insinuarsi di una brezza leggera. È però facile riconoscere i segni della santità là dove il dono avviene; dove il servizio alla vita è svolto senza pretese e in modo concreto; dove il voltarsi dall’altra parte e l’indifferenza lasciano il passo a parabole effettive della relazione e della cura. Non è difficile incontrarla perché si rende presente non in un tempo idealizzato e senza imperfezioni, ma in un qui e ora ammaccato dagli ostacoli e dalle imperfezioni; non nelle strategie di un eroismo astratto e distante, ma in ciò che ci è possibile realizzare, anche se può sembrarci piccolo o poco glorioso. La santità si costruisce come un artigianato della vita: allorché decidiamo di rallentare e di dare del tempo, anziché rimandare; di accogliere, invece di ignorare; di abbracciare, invece di fuggire; di condividere, anziché di attribuire questa responsabilità ad altri. Quando osiamo camminare in modo credibile al passo dell’altro, anziché rimanere sprofondati nella nostra riluttanza.
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