Non ho mai fatto mistero della mia simpatia per "Il video del Papa", l'intenzione di preghiera che Francesco affida mensilmente, dall'inizio del 2016, alla Rete mondiale erede dell'Apostolato della preghiera. Quello di marzo ( bit.ly/32SLnV9 ), reso pubblico ieri, rappresenta per questa ancor breve tradizione un'altra tappa meritevole di essere sottolineata. Diciamo subito che l'invocazione che il filmato, della consueta durata di un minuto, intende sostenere è: «Preghiamo insieme affinché la Chiesa in Cina perseveri nella fedeltà al Vangelo e cresca nell'unità». Sulle prime viene da pensare che gli autori, con una carrellata che pare non voler escludere nessuno né per età, né per territorio, né per condizione sociale, abbiano inteso affidare alle immagini la semplice testimonianza dei volti dei cattolici cinesi e della loro vita ordinaria, familiare e liturgica. Come se sul binomio Chiesa-Cina non si potessero rischiare fraintendimenti.
Tutta l'attenzione ricade allora sul testo: la sua calibrata formulazione appare consapevole – dal momento che è il Papa che parla, sia pure attraverso uno strumento informale – della complessità dei rapporti tra la Santa Sede, il governo del Paese e la comunità cattolica che in esso vive. Alcuni dunque vi noteranno la volontà di Francesco «che i cristiani cinesi siano davvero cristiani e che siano buoni cittadini», oppure la sua raccomandazione a «promuovere il Vangelo, ma senza fare proselitismo». Ma è evidente che ciò per cui il Papa in questo video ci chiede di pregare è «l'unità della comunità cattolica, che è divisa». «Unità» è l'ultima parola dell'intenzione propriamente detta, e in effetti è anche l'idea che le immagini, nella loro semplicità, suggeriscono. «Favorire l'unità della comunità cattolica in Cina nella sua diversità», dice il direttore della Rete mondiale di preghiera del Papa, padre Fornos, accompagnando la diffusione del video, «significa promuovere l'annuncio del Vangelo e la sua testimonianza».
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