giovedì 24 novembre 2016
Ridurre rischi e fattori di rischio è certamente una preoccupazione molto diffusa, che accomuna persone, contesti e oggetti diversi: dalla sicurezza sul lavoro alla bonifica dell'amianto, dalla prevenzione dei sismi alle strategie per favorire stili di vita salutistici e virtuosi. Per questo, quando emerge che soggetti tenuti ad adottare le dovute precauzioni e a fornire informazioni omettono di farlo, l'opinione pubblica reagisce, talvolta anche con rabbia e sdegno civile. E chiede alla magistratura di "fare giustizia", cioè di tutelare dignità e sicurezza della persona.
Certo, non vi può essere, in uno Stato di diritto, un fare giustizia al di fuori delle forme del giusto processo, cioè «non compatibile con il fascio delle garanzie processuali attribuite all'imputato» (così, da ultimo, la sentenza 200 del 2016 della Corte costituzionale, che ha reso possibile la prosecuzione del cosiddetto processo Eternit-bis), ma l'ordinamento giuridico non può ignorare o svalutare la legittima pretesa punitiva delle parti civili e della collettività.
La richiesta di fare giustizia è anche, spesso, richiesta di omogeneità di trattamento giurisdizionale in tutte le parti del territorio nazionale. Su questa insiste, da tempo, un esperto come Raffaele Guariniello, magistrato oggi in quiescenza e per molti anni pm a Torino: lo ha fatto, ancora di recente, presso la Camera, rinnovando l'auspicio di una Procura nazionale per la sicurezza sul lavoro o, almeno, di un'Agenzia nazionale cui ricondurre le competenze sul tema, e che potrebbe fornire all'autorità requirente il supporto di un organismo tecnico-scientifico affidabile. Sul punto, si può ricordare che avevamo l'Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro), che forse avremmo fatto bene a riordinare adeguatamente piuttosto che sopprimere: talvolta la fretta di "tagliare" rischia di impoverire invece di razionalizzare.
Un buon giudice e un buon giudizio presuppongono un ordinamento giuridico il più possibile coerente e semplice. Meno leggi e più legge, cioè più qualità e sostanza della legislazione, è un principio che, a 25 anni da un celebre documento dei Vescovi italiani, andrebbe sempre ricordato: piuttosto che invocare scorciatoie per approvare leggi, dovremmo preoccuparci di più della loro qualità e impatto sociale. Ecco perché l'annuncio della prossima presentazione di un disegno di legge per il riordino della normativa in tema di amianto in un testo unico, redatto a cura della Commissione d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro, è da salutare con favore. Il buon giudice ha bisogno di un buon legislatore. Ed entrambi hanno bisogno del buon senso.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI