Timori certamente, ma anche un po' di fiducia nella qualità dei nostri prodotti e soprattutto nella golosità dei consumatori. L'umore delle imprese agroalimentari italiane all'indomani dell'apertura ufficiale dei negoziati per Brexit non è omogeneo, anche se è comunque molto attento agli sviluppi del mercato e della trattativa che è appena iniziata. D'altra parte non si scherza: il valore delle esportazioni agroalimentari italiane nel Regno Unito arriva a circa
3,2 miliardi di euro.
L'economia, come si sa, è anche fatta di sensazioni e colpi ad effetto, ma anche di numeri. Attenzione, quindi, anche ai dati reali. Che nel caso del Regno Unito per ora parlano abbastanza chiaro. Stando ad un'analisi dei coltivatori diretti, ad oggi il volume delle esportazioni in Gran Bretagna è rimasto sostanzialmente stabile dopo la notizia della Brexit: +0,7%. Questo nonostante il rapporto di cambio con la sterlina sia diventato più sfavorevole. Una situazione che vale soprattutto per il vino e cioè per il primo prodotto alimentare italiano acquistato dagli inglesi. Seguono la pasta, l'ortofrutta, i formaggi (oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano). Una predilezione particolare pare ci sia poi per la mozzarella di bufala campana. Senza contare alcuni risultati da primato. Secondo Coldiretti, per esempio, la Gran Bretagna nel 2016 è diventato il primo mercato mondiale per il Prosecco che ha venduto bottiglie per 366 milioni di euro. A pagare per ora il prezzo di Brexit, invece, sembra sia stato l'olio di oliva le cui vendite sono crollate del 9%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. Ma in questo caso possono esserci state anche altre circostanze sfavorevoli, come l'uso di un'etichettatura fuorviante rispetto alle caratteristiche del prodotto.
Attesa e timori comunque ci sono tutti. Un'indagine effettuata da Alleanza delle Cooperative Alimentari ha indicato per la cooperazione vitivinicola alcuni elementi delicati. Gli operatori pensano per esempio al cambio di legislazione (e quindi all'introduzione di accise), all'arrivo di prodotti da altre aree del mondo, oltre che naturalmente alla svalutazione della sterlina, all'atteggiamento della grande distribuzione, all'assenza di obblighi rispetto alle regole europee.
Se poi alla situazione oltre Manica si aggiungono le ultime notizie in tema di dazi che arrivano dal Governo Trump, è evidente che tutto il mondo agroalimentare nazionale deve porre molta più attenzione del solito ai cambiamenti politici che avvengono oltre i confini dell'Europa. Il freddo vento del protezionismo potrebbe far molto male ai campi italiani.
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