«La prossima settimana verremo a Roma. Ci puoi organizzare un giro per la città?». Sì, ma quanti siete? «Quaranta e abbiamo due giorni di tempo, ma abbiamo già visto ,durante un altro viaggio, le basiliche , il Colosseo, piazza di Spagna, San Pietro e il Vaticano. Vorremmo qualcosa di diverso». Povera me, fare un giro di Roma con un pullman di quaranta persone, sarà meglio rivolgersi a un'agenzia. No, vogliono fare da soli, si sentono più liberi di cambiare se qualcosa non piace. «Basta che tu ci dia qualche suggerimento». Allora prendo una guida turistica e vengo soffocata dalle proposte per conoscere questa città mai stata più eterna di oggi, quando per un pullman non trovi posteggi e le vie del centro sono ridotte a pochi metri di larghezza perché intasate da macchine in sosta. Meglio andare a piedi indossando scarpe comode, senza tacco per le signore perché i famosi sampietrini sono in buona parte sconnessi. Sfoglio le pagine dove i monumenti antichi e nuovi, su carta lucida a colori, sembra ti richiamino dicendo «Vieni qui, non mi hai mai visto, io ti racconterò una storia importante, ti farò vedere le ombre dei papi quando scendevano dai loro palazzi e il mio antico selciato di pietre solcate dalle bighe della Roma imperiale»... Ma perché invece non salire tra i Dioscuri del Campidoglio e poi ascoltare lo sciacquio delle fontane che si aprono tra le vie strette in una luce d'acqua inattesa, e perché non guardare i visi di pietra dei garibaldini che dal Gianicolo osservano la città costata loro ferite e morte? Si potrebbe fare il giro delle piazze come quella disegnata dal Valadier agli inizi dell'Ottocento, vastissima e perfetta, dove un obelisco portato dal romano Augusto guarda con sufficienza dai suoi 35 metri d'altezza i passanti. Difficile allora non entrare in Santa Maria del Popolo lì accanto, con gli affreschi delPinturicchio che ti distraggono dai quadri del Caravaggio, dove un pennello sapiente strappa all'ombra scura il corpo tragico di san Paolo caduto da cavallo e San Pietro crocifisso. Di qui salire a Villa Borghese, il più bel parco della città, iniziato sotto il pontificato di Paolo V, dove lo splendido casino di caccia ospita uno dei più interessanti musei sotto gli occhi di Paolina Bonaparte, sdraiata fra i bianchi cuscini di marmo, mentre Apollo rincorre Dafne che per sfuggirlo si trasforma in alloro. Ma forse vorrei farvi camminare nelle piccole piazze di Trastevere dove c'è ancora il ricordo di Trilussa e il suo ritratto di pietra che sembra guardare con l'attenta ironia dei suoi versi il popolo del suo tempo che non c'è più. Poi c'è la Roma delle mille chiese, dei conventi, delle università, della moda e dei giardini, ma ne è sorta un'altra che non vi farò vedere, nata all'inizio lungo le vecchie strade consolari e ormai traboccante di un popolo misto di varie razze arrivate qui per curiosità, in cerca di lavoro, per fuggire da guerre lontane. È la Roma giovane e forse la più vera, quella che non fugge il proprio tempo, che cerca, inventa, vive e guarda al futuro.
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