La scena di quella vigilia di Natale in cui sua mamma se ne andò di casa sbattendo la porta e senza un saluto, Apple non l’ha mai dimenticata. Né ha capito il perché di quell’abbandono: sì d’accordo sua madre era giovanissima e sognava di fare l’attrice a New York, ma qui lasciava una bimba di due anni, la sua unica figlia… Da allora non è passato un giorno in cui Apple non abbia sperato, e creduto, in un ritorno. Per undici anni è stata la nonna a occuparsi di lei, con grande affetto e dedizione, ma anche in modo severo, rigido e assillante, con un eccesso di protezione, senza mai concedere ad Apple il seppur piccolo spazio di libertà. La tredicenne scalpita, si sente trattata da bambina, rifiutata e isolata dalle compagne, perciò quando un giorno improvvisamente la mamma si ripresenta nella sua vita, con uno stile brioso, elegante e trasgressivo, il fare ammiccante di una coetanea, e le offre di andare a vivere da lei,
Apple sente che anche il suo sogno di figlia desiderosa di essere amata si è avverato. Per sempre. E così lascia la casa della nonna, piena di speranze. Peccato che la quotidianità con mamma sia tutt’altro tranquillizzante. Sempre preoccupata di non dispiacerle, Apple si troverà a confrontarsi con una sregolatezza sconosciuta, all’inizio persino attraente, ma soprattutto con una parte finora ignota e destabilizzante della vita di sua madre. Chiamata a responsabilità troppo grandi per lei, trascurata e privata di quelle regole che rendono sana l’adolescenza, rischia così di vedere naufragare la propria esistenza in un mare di bugie. Molte cose indirettamente l’aiuteranno a salvarsi: la tenacia e il grande amore della nonna, l’amicizia di un ragazzo vicino di casa sveglio e anticonformista, un professore d’inglese che le svela il potere della poesia nel cercare la verità dentro se stessi… Altro è impossibile da svelare. Tra i finalisti del prestigioso premio Cilip Carnegie Medal nel 2015, Apple e Rain - primo romanzo pubblicato in Italia dall’irlandese Sarah Crossan - (Feltrinelli; 14 euro) è un romanzo che definire da adolescenti sarebbe riduttivo. Perché dentro non ci sono solo i tormenti di un’età che esige attenzioni, fiducia e rispetto, lealtà nell’amicizia e visibilità. C’è soprattutto un interrogativo sul ruolo degli adulti e sulla loro capacità di confrontarsi con i ragazzi senza rigidità né facile lassismo. E infine ci sono la poesia, l’amore e la verità a fare un tutt’uno con la conclusione della storia. Dai 14 anni.
Michael Morpurgo, autore britannico tra i più apprezzati dal pubblico e premiati dalla critica, torna a raccontare una storia di guerra. O meglio una storia dentro la storia, come sovente ama fare. Questa più di tutte - lo scrive lui stesso in una breve postfazione – ispirata alla vita reale di persone che hanno fatto
un pezzo della nostra Storia. Lo spunto per Il ragazzo che non uccise Hitler (Il Battello a Vapore; 16 euro) ha a che fare con la vicenda straordinaria di Henry Tandey: soldato semplice pluridecorato durante la prima Guerra mondiale, durante un scontro a poche settimane dalla fine del conflitto, mentre i tedeschi battevano in ritirata, risparmiò un soldato che anni dopo capì essere Adolf Hitler. Realtà o leggenda, non lo sapremo mai. Questa tuttavia non è una biografia, ma un racconto di fantasia che oltre ad aprire una riflessione sulla vera natura del coraggio
offre uno spunto per dibattere un dilemma etico interessante sulle conseguenze disastrose di un’azione giusta. Morpurgo mette in scena la vicenda di Henry Tandey, diventato qui Billy Byron, attraverso un distinto viaggiatore che la racconta a un ragazzino e a sua madre, già provati dalla perdita della casa sotto le bombe, durante un viaggio verso Londra, mentre
treno viene attaccato da un raid dei caccia tedeschi. Riparato in galleria, il treno resta al buio ed è allora che, per rendere più lieve quegli interminabili momenti di paura, lo sconosciuto racconta la storia dell’amico Billy. Che ha una fine imprevedibile… Dai 12 anni.
Ancora un albo raffinato, un vero gioiellino dall’affiatata coppia Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, (reduce dal premio Andersen 2016 come migliore illustratrice). In una famiglia di topi (Topipittori; 20 euro) - il loro sesto libro e il settimo pare già in cantiere – è il racconto di una ordinaria quotidianità che narrazione e illustrazione riescono ad ammantare di straordinarietà. In una famiglia di topi, un nucleo piuttosto numeroso, ogni giorno succede ciò che accade in ogni famiglia di umani. Ci si sveglia con un bacio del buongiorno e poi, dopo una bella colazione, la giornata si mette in moto. Ciascuno ha un proprio ruolo e una propria occupazione, ciascuno fa la propria parte. Ci sono momenti di gioco e svago, altri di impegno, altri ancora di relax. Nulla passa nell’indifferenza, il rispetto reciproco si percepisce reale, ma come è normale che sia ecco nella lunga giornata sentimenti, caratteri ed emozioni affiorare e venire allo scoperto. Tristezze, chiacchiere, decisioni e indecisioni, generosità, silenzi, dimenticanze, distrazioni, offese… Ci sono pensieri e preoccupazioni reciproche, gioia nello stare insieme ma piacere di incontrare anche gli estranei alla famiglia. Felicità nel ritrovarsi la sera a tavola assieme.
Sicché giorno dopo giorno, nessuno si sveglia mai identico a come era il giorno prima. Come dire che si cresce cullati dall’affetto, con il contributo di tutti, assaporando il buon umore come il buon odore di casa. Un albo da far godere con gli occhi i lettori più piccoli, accompagnandoli nella lettura delle parole e soprattutto delle figure, dove ogni particolare riempie il cuore di tenerezza e di poesia. Dai 4 anni.
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