«Qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, egli rimane pur sempre amato da Dio. Chi può entrare nell'intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso?". Sono le domande pronunciate a alta voce da Papa Francesco che nella catechesi in piazza San Pietro è tornato a parlare della situazione delle carceri dopo aver invocato domenica scorsa "un atto di clemenza" per i detenuti di tutto il mondo a governi e parlamenti. "È troppo facile - ha affermato all'udienza generale - lavarsi le mani affermando che ha sbagliato. Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni in se stesso". Secondo Francesco, "la mancanza di libertà è senza dubbio una delle privazioni più grandi per l'essere umano". Ma, ha scandito, "se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in cui un cristiano si sente provocato a fare di tutto per restituire loro dignità».
Nella catechesi di oggi il Pontefice ha criticato "le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti", sottolineando che se
anche il detenuto sconta una pena meritata (per aver commesso reati anche gravi) lo Stato non ha il diritto di ignorare le sue sofferenze. "Nessuno dunque - ha chiesto - punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto". "Penso spesso - ha poi confidato Papa Bergoglio - ai carcerati. Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi". "Quante lacrime - ha aggiunto - ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati. E non dimentichiamo che anche Gesù e gli apostoli hanno fatto esperienza della prigione", ha concluso ripetendo l'invito evangelico a "visitare i carcerati", una delle opere di misericordia corporale che Francesco intende rilanciare attraverso il Giubileo della Misericordia.
Il Papa ha legato la riflessione sui detenuti a quella sui malati. "Chi è malato, spesso si sente solo. Non possiamo nascondere che, soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profonda della solitudine che attraversa gran parte della vita. Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po' di compagnia è un'ottima medicina!". Gli ospedali sono oggi vere 'cattedrali del dolore', dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione".