Il gesuita e teologo Agbonkhianmeghe Orobator - Georgetown Univ.
Il gesuita nigeriano e teologo di fama internazionale Agbonkhianmeghe Orobator intravede e coglie nel 40° viaggio apostolico di papa Francesco che in questi giorni tocca la Repubblica democratica del Congo e il Sud Sudan un’occasione per il successore di Pietro di «toccare con mano uno degli angoli più problematici del Continente Nero e dove vivono le popolazioni più martoriate e “crocifisse” dell’Africa».
Classe 1967, padre Orobator, è presidente della Conferenza dei gesuiti di Africa e Madagascar. Da anni è considerato fra i teologi più brillanti a livello internazionale soprattutto per la conoscenza della religiosità cattolica in Africa. È tra l’altro direttore dell’Hekima University College di Nairobi, l’università della Compagnia di Gesù in Kenya e membro del board della Georgetown University di Washington.
«Sono tanti i punti forti di questo viaggio apostolico di papa Francesco. Il primo è che il Vescovo di Roma ha scelto di visitare due dei Paesi più travagliati dell'Africa. Questo dimostra quanto egli si senta in completa sintonia con il popolo crocifisso di questo continente.
Il secondo aspetto è che il Papa compie questa visita in un momento in cui si trova ad affrontare problemi personali di mobilità e di salute. Papa Bergoglio con questo gesto antepone al suo benessere personale quello degli altri. Mostra così la sua compassione per le persone.
In terzo luogo, l'Africa ha sete di riconciliazione, giustizia e pace. Il Pontefice è un ambasciatore del Vangelo che ricorda alla comunità cristiana il nostro dovere e la nostra responsabilità di essere operatori di riconciliazione, giustizia e pace. E, quarto aspetto, nell’enciclica “Fratelli tutti”, Francesco ha richiamato i leader politici a fare politica con autentici atti di carità. Questa visita è, a mio giudizio, un'occasione per Francesco per muovere le coscienze dei leader politici di entrambi i paesi Congo e Sud Sudan a rendere conto di ciò che stanno facendo ai più piccoli del popolo di Dio, secondo proprio quanto recita il Vangelo di Matteo al capitolo 25 quando si parla delle Beatitudini».
Un capitolo importante di questo viaggio apostolico sarà il pellegrinaggio ecumenico che il Papa guiderà in Sud Sudan assieme all’arcivescovo di Canterbury, il primate anglicano Justin Welby e il moderatore generale della Chiesa di Scozia il presbiteriano Jim Wallace.
È un gesto di unità che chiama tutte le confessioni cristiane a unirsi nella propagazione del messaggio evangelico e nell’impegnarsi insieme per la giustizia e la pace come comunità riconciliata. Per il mondo cristiano, questo è il primo nel suo genere. Questi tre leader religiosi dimostrano unità di azione e incarnano il Vangelo della fraternità. È un richiamo che al di là delle cose che dividono la comunità cristiana è possibile testimoniare gli insegnamenti del Vangelo di Gesù Cristo in situazioni concrete all’insegna della riconciliazione, giustizia e pace.
Un evento quello di questi giorni che permetterà a Francesco di incontrare i giovani, le vittime della guerra ma anche i poveri e gli sfollati.
Come ho detto, il Papa mette al primo posto le persone. In effetti, non c'è nulla di nuovo in questo. Papa Francesco ha sempre insegnato che la Chiesa deve uscire; la Chiesa deve essere infangata dal dolore e dall'agonia di coloro che sono ai margini e alla periferia d deve essere un ospedale da campo per i vulnerabili, i feriti, gli oppressi e gli esclusi. Questi gesti e scelte sono le realizzazioni concrete di ciò che il Pontefice insegna e in cui crede.
Che cosa, a suo giudizio, questo viaggio papale può significare per noi europei e per tutto il mondo occidentale?
Semplicemente, Francesco richiama l'attenzione sulla periferia e sui margini della globalizzazione. Nonostante il nostro mondo sia altamente interconnesso e globalizzato, la realtà è che i deboli e i vulnerabili vengono facilmente dimenticati. La violenza e il conflitto sono intensi nella Repubblica democratica del Congo e nel Sud Sudan. Milioni di donne, uomini e bambini innocenti sono caduti vittime di questi conflitti interni. Milioni di persone sono state sfollate e rifugiate in altri paesi. Questi due paesi vengono saccheggiati e le loro risorse vengono depredate. Al mondo occidentale interessa? Cosa deve il mondo occidentale a questi e ad altri Paesi divenuti teatri di dolore, sofferenza e distruzione? Sono queste le sfide e gli interrogativi che la visita di Francesco pone all'Europa e al mondo occidentale.