Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi saluto tutti e vi ringrazio per il servizio che svolgete in un settore importante, quello della comunicazione, ma dopo aver sentito mons. Celli devo cancellare "settore"… una "dimensione esistenziale" importante… Ringrazio Mons. Claudio Maria Celli per il saluto che mi ha rivolto anche a nome vostro. Vorrei condividere con voi alcuni pensieri.
1. Primo: l’importanza della comunicazione per la Chiesa. Quest’anno ricorrono i 50 anni dell’approvazione del Decreto Conciliare Inter mirifica. Non si tratta solo di un ricordo; quel Documento esprime l’attenzione della Chiesa alla comunicazione e ai suoi strumenti, importanti anche in una dimensione evangelizzatrice. Ma agli strumenti della comunicazione; la comunicazione non è uno strumento! E’ un’altra cosa… Negli ultimi decenni i mezzi di comunicazione si sono molto evoluti, ma questa sollecitudine rimane, assumendo nuove sensibilità e forme. Il panorama comunicativo è diventato a poco a poco per molti un "ambiente di vita", una rete dove le persone comunicano, dilatano i confini delle proprie conoscenze e delle proprie relazioni (cfr BENEDETTO XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2013). Sottolineo soprattutto questi aspetti positivi, nonostante siamo tutti consapevoli dei limiti e dei fattori nocivi che pure esistono.
2. In questo contesto - ed ecco il secondo pensiero - ci dobbiamo domandare: che ruolo deve avere la Chiesa con le sue realtà operative e comunicative? In ogni situazione, al di là delle tecnologie, credo che l’obiettivo sia quello di sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, Sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze. Sono uomini e donne a volte un po’ delusi da un cristianesimo che a loro sembra sterile, in difficoltà proprio nel comunicare in modo incisivo il senso profondo che dona la fede. In effetti, noi assistiamo, proprio oggi, nell’era della globalizzazione, ad una crescita del disorientamento, della solitudine; vediamo diffondersi lo smarrimento circa il senso della vita, l’incapacità di fare riferimento ad una "casa", la fatica di intessere legami profondi. E’ importante, allora, saper dialogare, entrando, con discernimento, anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza, una presenza che ascolta, dialoga, incoraggia. Non abbiate timore di essere questa presenza, portando la vostra identità cristiana nel farvi cittadini di questo ambiente. Una Chiesa che accompagna il cammino, sa mettersi in cammino con tutti! E anche c’è un’antica regola dei pellegrini, che Sant’Ignazio assume, per questo io la conosco! In una delle sue regole dice che quello che accompagna un pellegrino e che va col pellegrino, deve andare al passo del pellegrino, non più avanti e non ritardare. E questo è quello che voglio dire: una Chiesa che accompagna il cammino e che sappia mettersi in cammino, come cammina oggi. Questa regola del pellegrino ci aiuterà a ispirare le cose. 3. Il terzo: è una sfida quella che tutti noi affrontiamo insieme, in questo contesto comunicativo, e la problematica non è principalmente tecnologica. Ci dobbiamo domandare: siamo capaci, anche in questo campo, di portare Cristo, o meglio di portare all’incontro di Cristo? Di camminare col pellegrino esistenziale, ma come camminava Gesù con quelli di Emmaus, riscaldando il cuore, facendo trovare loro il Signore? Siamo capaci di comunicare il volto di una Chiesa che sia la "casa" per tutti? Noi parliamo della Chiesa con le porte chiuse. Ma questo è più che una Chiesa con le porte aperte, è più! Trovare insieme, fare "casa", fare Chiesa, fare "casa". Chiesa con le porte chiuse, Chiesa con le porte aperte. E’ questo: in cammino fare Chiesa. Una sfida! Far riscoprire, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, oltre che nell’incontro personale, la bellezza di tutto ciò che è alla base del nostro cammino e della nostra vita, la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore. La nostra presenza, le nostre iniziative sanno rispondere a questa esigenza o rimaniamo tecnici? Abbiamo un tesoro prezioso da trasmettere, un tesoro che porta luce e speranza. Ce n’è tanto bisogno! Ma tutto ciò esige un’attenta e qualificata formazione, di sacerdoti, di religiosi, di religiose, laici, anche in questo settore. Il grande continente digitale non è semplicemente tecnologia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé ciò che hanno dentro, le proprie speranze, le proprie sofferenze, le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono. C’è bisogno di saper indicare e portare Cristo, condividendo queste gioie e speranze, come Maria che ha portato Cristo al cuore dell’uomo; c’è bisogno di saper entrare nella nebbia dell’indifferenza senza perdersi; c’è bisogno di scendere anche nella notte più buia senza essere invasi dal buio e smarrirsi; c’è bisogno di ascoltare le illusioni di tanti, senza lasciarsi sedurre; c’è bisogno di accogliere le delusioni, senza cadere nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità (cfr Discorso all’Episcopato del Brasile, 27 luglio 2013, 4). Questo è il cammino. Questa è la sfida.
È importante cari amici, l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo, ma l’incontro con Cristo è un incontro personale. Non si può manipolare. In questo tempo noi abbiamo una grande tentazione nella Chiesa, che è l’"acoso" [molestia] spirituale: manipolare le coscienze; un lavaggio di cervello teologale, che alla fine ti porta a un incontro con Cristo puramente nominalistico, non con la Persona di Cristo Vivo. Nell’incontro di una persona con Cristo, c’entra Cristo e la persona! Non quello che vuole l’ingegnere spirituale che vuol manipolare. Questa è la sfida. Portarlo all’incontro con Cristo nella consapevolezza, però, che noi siamo mezzi e che il problema di fondo non è l’acquisizione di sofisticate tecnologie, anche se necessarie ad una presenza attuale e valida. Sia sempre ben chiaro in noi che il Dio in cui crediamo, un Dio appassionato per l’uomo, vuole manifestarsi attraverso i nostri mezzi, anche se sono poveri, perché è Lui che opera, è Lui che trasforma, è Lui che salva la vita dell’uomo.
E la nostra preghiera, di tutti, perché il Signore riscaldi il nostro cuore e ci sostenga nell’affascinante missione di portarlo al mondo. Mi raccomando alle vostre preghiere, perché anche io ho questa missione, e volentieri vi do la mia Benedizione.