I rappresentanti della diplomazia internazionale riuniti nella Cappella Sistina assieme a papa Francesco dopo l'incontro tradizionale del 9 gennaio 2017 (Ansa)
Lunedì 8 gennaio si tiene la tradizionale udienza pontificia con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Un appuntamento importante, a cui i Paesi che contano, ma anche quelli più bisognosi del sostegno morale del successore di Pietro e dei suoi collaboratori, non vogliono mancare. Significativo a questo proposito il susseguirsi di consegne di lettere credenziali registrato durante questo periodo natalizio (Egitto e Usa il 22 dicembre e poi Uruguay il 4 e Libano il 5 gennaio). Un appuntamento che segna il momento forte dell’attività diplomatica vaticana che con Papa Francesco ha acquisito una nuova visibilità, manifestatasi in modo eclatante per il “ruolo chiave” avuto nella storica svolta nei rapporti Usa-Cuba, ma testimoniata anche dal fatto che durante l’attuale pontificato si è assottigliata ancora di più la lista dei Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede.
La Santa Sede infatti intrattiene ormai pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati del mondo. Nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina, nel 1978 ammontavano già a 84 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con papa Francesco sono diventati 183. Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti diplomatici con Oltretevere sono stati il Montenegro (2006), gli Emirati arabi uniti (2007), il Botswana (2008), la Federazione russa (2009), la Malaysia (2011), il neonato Sud Sudan (2013), la Mauritania (2016) e Myanmar (2017). Nel 2016 poi le “relazioni speciali” intrattenute con lo Stato di Palestina - definito così ufficialmente dalla Santa Sede successivamente alla risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 che gli ha concesso lo status di osservatore permanente – sono diventati rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale firmato nel giugno 2015.
La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l'Unione Europea e l'Ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come ad esempio l'Onu (nelle sedi di New York e Ginevra), il Consiglio d'Europa a Strasburgo, la Fao a Roma, l'Unesco a Parigi l’Omt (Organizzazione mondiale per il turismo), il Wto (Organizzazione mondiale per il commercio) e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l'Organizzazione dell'unità africana. Dell'Osce con sede a Vienna è storico membro fondatore. Dal 2011 poi per la prima volta è stato accreditato un nunzio presso l'Asean, l'associazione delle nazioni del Sud Est asiatico. Mentre dal 2013 il nunzio in Nigeria è stato accreditato presso la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale e dal 2015 il nunzio in El Salvador è anche osservatore extraregionale presso il Sistema dell'Integrazione Centroamericana.
Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c'è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma un semplice “incaricato d' affari ad interim”. A Roma comunque si attende sempre il momento di poter trasferire finalmente - quando sarà possibile - la nunziatura a Pechino. Anche a questo fine dal giugno 2014 sono in corso contatti reciproci riservati che per la prima volta hanno le caratteristiche di continuità, frequenza, regolarità e ufficialità (l’ultima sessione si è svolta a Pechino subito prima del Natale scorso). Nel frattempo una rappresentanza diplomatica vaticana risiede stabilmente nella cosiddetta “missione di studio” ad Hong Kong, che figura formalmente collegata alla nunziatura delle Filippine (nell'Annuario Pontificio, a partire dal 2016, viene comunque indicato, in nota, il recapito reale di questa “missione”).
La Santa Sede quindi non intrattiene ancora relazioni con dodici Stati, perlopiù asiatici e in buona parte a maggioranza islamica. In otto di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu). Mentre sono in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri quattro Paesi: due africani (Comore e Somalia) e due asiatici (Brunei e Laos). Non mancano comunque contatti, anche formali, tra Santa Sede e alcuni di questi Stati. Alla Messa di inaugurazione del pontificato di papa Francesco hanno assistito, ad esempio, anche delegazioni ufficiali dell'Afghanistan e dell'Arabia Saudita.
Un caso particolare è quello del Vietnam, con il quale sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a questo fine, nel 2011 è stato nominato un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi. Per quanto riguarda poi il Kosovo - il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso -, la Santa Sede si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia. Così quando il presidente kosovaro nel 2016 e 2017 è stato ricevuto dal Papa, l’udienza è stata privata e quindi non pubblicata sull’Osservatore Romano.
Attualmente sono una novantina le cancellerie di Ambasciate con sede a Roma, comprendendo anche quelle dell’Unione europea e dell’Ordine di Malta. I Paesi rimanenti sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. La Santa Sede infatti non accetta ambasciatori accreditati anche presso il Quirinale.
Nel 2014 è tornata ad essere residenziale la rappresentanza dell'Irlanda che nel 2011 il governo di Dublino aveva declassato a non residenziale. Con Benedetto XVI sono diventati “residenti” gli ambasciatori 'non residenti' di Australia, Camerun, Timor Est, Benin e Nigeria, il più popoloso Paese africano. Con papa Francesco lo sono diventati anche quelli di Armenia, Belize, Ghana, Palestina, Malaysia e Sud Africa. Anche il Congo-Brazzaville ha annunciato la decisione di rendere “residente” anche la propria rappresentanza diplomatica.
Come si noterà un buon numero di questi Paesi appartengono al Continente nero, il che sembra costituire quasi una risposta al particolare interesse diplomatico, oltre che pastorale, che la Santa Sede ha dedicato all'Africa negli ultimi anni. In questo continente infatti la rete delle nunziature è stata rafforzata con due nuove sedi: in Burkina Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Nel 2010 poi, oltre a quello presente in Timor Est, sono stati nominati altri tre “incaricati d'affari” stabilmente residenti in tre Paesi africani: Ciad, Gabon e Malawi.
Attualmente sono 95 gli arcivescovi rappresentanti pontifici in missione fuori dalle mura leonine. Con una scelta inedita di papa Francesco uno di loro, Mario Zenari a Damasco in Siria, è stato creato cardinale pur mantenendo l'ufficio di rappresentante diplomatico. Tutti, tranne sei (i rappresentanti in Albania, Grecia, Repubblica Dominicana, Ucraina, Uganda e Venezuela) provengono dalla Pontificia Accademia Ecclesiastica, la scuola diplomatica vaticana. In maggioranza sono italiani ma con una percentuale inferiore rispetto al passato. Nel 1961 provenivano dall'Italia 48 nunzi su 58, l’83%. Nel 1978 erano 55 su 75, il 73%. Oggi sono 39 (il 41%). Altri Paesi più rappresentati nella diplomazia pontificia sono gli Stati Uniti (10) e la Polonia (6). Seguono Francia e India (4 ciascuno), Filippine e Nigeria (3 ciascuno) e poi Croazia, Svizzera e Venezuela (2). Complessivamente, oltre gli italiani, ci sono 25 nunzi europei (di cui 10 dall'est), dodici asiatici, 10 nordamericani, sei africani e tre sudamericani (uno argentino). Tra gli italiani le regioni più rappresentate sono la Lombardia con 9, seguono Piemonte con 7 e Puglia con 6. Quattro provengono dalla Sicilia, da Veneto e dalla Campania (tutti e 4 della diocesi di Aversa).
Attualmente sono vacanti 11 nunziature (Argentina, Camerun, Corea, Georgia, Libano, Liberia, Nicaragua, Pakistan, Singapore, Ungheria e Uruguay). Nel corso del 2018 se ne rendono libere altre 3 (Austria, Giappone e Repubblica ceca) per il raggiungimento dell'età pensionabile dei rispettivi titolari. La diplomazia vaticana conta anche cinque rappresentanti pontifici non insigniti di dignità episcopali che svolgono la missione di osservatore permanete presso vari organismi internazionali: tre di loro sono italiani (tutti lombardi: al Consiglio d’Europa, all’Unesco e all’Omt), uno polacco (all’Osce) e uno spagnolo (alla Fao). Hanno il rango di nunzio apostolico anche il preside (il veneto Giampiero Gloder) della Pontificia Accademia ecclesiastica nonché il delegato delle rappresentanze pontificie - il polacco Jan R. Pawlowski – il cui ufficio è stato di recente elevato a terza sezione della Segreteria di Stato. E sempre in Segreteria di Stato infine prestano servizio, come collaboratori, altri due nunzi (il croato Martin Vidovic e l’italiano Antonio Mennini).