Vatican Media
«L’incontro con papa Francesco è stata un’esperienza forte: abbiamo percepito non solo che ci è vicino, ma che condivide, concretamente, il nostro dolore. Ci siamo sentiti abbracciati da un padre e insieme dalla Chiesa intera».
Caterina, Enrico e Mario Malgesini, sorella e fratelli di don Roberto Malgesini, il prete degli ultimi ucciso un mese fa a Como da un senzatetto, raccontano con emozione il dialogo con Francesco, avvenuto mercoledì in Vaticano, qualche minuto prima della tradizionale udienza del mercoledì. Con loro c’erano mamma Irma e papà Bruno, con alcuni familiari e conoscenti stretti.
Ad accompagnarli il vescovo di Como, Oscar Cantoni. Il Papa desiderava conoscere la famiglia Malgesini e il 19 settembre, per la Messa di suffragio, aveva inviato a Como il suo elemosiniere, il cardinale Conrad Krajewski, che andò a Regoledo (Sondrio), per portare la vicinanza del Pontefice ai genitori. Ieri li ha potuti conoscere e benedire di persona.
«Abbiamo vissuto un momento molto commovente – dice Cantoni –. Il Papa ci ha ricordato che queste morti ravvivano la fede del popolo di Dio». È la testimonianza di persone che «sono già in Paradiso e da lì sostengono il cammino del popolo di Dio. Siamo usciti molto consolati da questo incontro, rafforzati nella fede e nella carità». Quella di don Roberto, sottolinea ancora Cantoni, è stata «una testimonianza silenziosa. Quello che ha realizzato a favore dei poveri, dei senzatetto, dei migranti, dei fragili, è stato fatto in sordina e con tenerezza. Oggi tutti parlano di lui: nella nostra diocesi, in Italia e, oserei dire, anche nel mondo». La carezza di papa Francesco «è stata accolta da tutti con commozione e gratitudine… attraverso di lui è stata tutta la Chiesa a riconoscere il valore della vita e del sacrificio del proprio figlio. È l’esempio della vicinanza a coloro che soffrono».
«Ascoltando le parole della catechesi – riprende la famiglia Malgesini –. la sensazione che papa Francesco avesse scelto proprio per noi quel salmo è stata grande». Il Pontefice ha infatti proposto una catechesi sulle lacrime e, a braccio, ha parlato dell’incontro avuto pochi minuti prima con i genitori e i fratelli di don Roberto. «Le lacrime di quei genitori sono lacrime 'loro' – ha detto il Papa – e ciascuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio dei poveri. Quando vogliamo consolare qualcuno, non troviamo le parole. Perché? Perché non possiamo arrivare al suo dolore e con questo dolore ciascuno si rivolge al Signore».
«Con questo richiamo – aggiungono Caterina, Enrico e Mario – abbiamo sentito che l’abbraccio del Papa è diventato l’abbraccio di tutti i presenti. Le nostre lacrime hanno assunto un sapore meno amaro. Siamo venuti via con il cuore triste ma colmo di una grande serenità, che ora vorremmo riuscire a custodire nella fede». In che modo dare seguito all'eredità e alla testimonianza di don Roberto? «Abbiamo sempre riconosciuto la bellezza di quello che don Roberto era e faceva: era Vangelo visibile, comprensibile per tutti – rispondono –. È diventato anche un po’ nostro, imparando da lui, giorno dopo giorno». Ora «vogliamo custodire questa eredità che ci ha lasciato – proseguono –, partendo dalla sua testimonianza di fede. Vogliamo farlo come famiglia, trasformando il suo esempio in gesti semplici, quotidiani, ma duraturi con i quali arricchire la nostra capacità di aprirci agli altri e di donare amore». Non solo: «Vogliamo farlo in sintonia con la nostra Chiesa diocesana – concludono –, sostenendo le scelte che verranno fatte, in comunione con il vescovo e secondo lo spirito di don Roberto, per far proseguire la sua opera e il suo esempio».
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