La festosa accoglienza dei seimila aclisti al Papa nell'Aula Paolo VI in Vaticano - Reuters
«Avete 80 anni, quindi siete un po' più giovani di me». Con questa battuta il Papa ha accolto nell'Aula Paolo VI seimila rappresentanti delle Acli, guidati dal presidente Emiliano Manfredonia, e dall’accompagnatore spirituale, padre Giacomo Costa, in occasione dell'udienza per gli otto decenni dalla fondazione delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani. Una storia, ha subito aggiunto il Pontefice «molta significativa, con le sue gioie e i momenti difficili». Una storia che oggi prosegue con uno stile che Francesco ha definito «popolare, sinodale, democratico, pacifico e cristiano». In particolare sulla democrazia, alla quale bisogna essere fedeli, alla vigilia del 2 giugno, in Italia Festa della Repubblica, il Papa ha detto: «Oggi ne abbiamo tanto bisogno. Democratica è quella società in cui c’è davvero un posto per tutti, nella realtà dei fatti e non solo nelle dichiarazioni e sulla carta. Per questo è importante il molto lavoro che fate soprattutto per sostenere chi rischia l’emarginazione: i giovani, ai quali in particolare destinate le iniziative di formazione professionale; le donne, che spesso continuano a patire forme di discriminazione e disuguaglianza; i lavoratori più fragili e i migranti, che nelle Acli trovano qualcuno capace di aiutarli a ottenere il rispetto dei propri diritti; e infine gli anziani e i pensionati, che troppo facilmente si ritrovano “scartati” dalla società». A queste persone, ha aggiunto Francesco, «prestate un servizio importante, che non deve soltanto restare nell’ambito dell’assistenza, ma promuovere la dignità di ogni persona e la possibilità che ciascuno possa mettere in campo le proprie risorse e il proprio contributo». «Le Acli - ha notato - sono un luogo dove è possibile incontrare dei "santi della porta accanto", che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma a volte cambiano concretamente le cose, in bene».
Anche sullo stile pacifico il Papa si è soffermato con una sottolineatura. «In un mondo insanguinato da tante guerre, so di condividere con voi l’impegno e la preghiera per la pace. Per questo vi dico: le Acli siano voce di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile; e che questo vale sia nei rapporti tra gli Stati, sia nella vita delle famiglie, delle comunità e nei luoghi di lavoro». A tal proposito il Pontefice ha citato il cardinale Carlo Maria Martini, che parlava di «intercedere», cioè di frapporsi tra i contendenti richiamandoli al dialogo. «Costruisce la pace chi sa prendere posizione con chiarezza, ma al tempo stesso si sforza di costruire ponti, di ascoltare e comprendere le diverse parti in causa, promuovendo il dialogo e la riconciliazione. Intercedere per la pace è qualcosa che va ben oltre il semplice compromesso politico, perché richiede di mettersi in gioco e assumere un rischio. In un mondo segnato da conflitti e divisioni, la vostra testimonianza di operatori di pace, di intercessori per la pace, è quanto mai necessaria e preziosa».
Quanto allo stile popolare, «si tratta non solo di essere vicini alla gente, ma di essere e sentirsi parte del popolo. Nel contesto di una società frammentata e di una cultura individualista, abbiamo un grande bisogno di luoghi in cui le persone possano sperimentare questo senso di appartenenza creativo e dinamico, che aiuta a passare dall’io al noi, a elaborare insieme progetti di bene comune e a trovare le vie e i modi per realizzarli». Per questo serve anche uno stile sinodale, che significa, ha detto il Pontefice, «lavorare insieme, collaborare per il bene comune». «Come ha scritto il vostro Presidente presentandovi - ha aggiunto Francesco -, siete un insieme di associazioni “multiformi e inquiete”. È bello questo: vi aiuta a camminare insieme tra voi e anche a mescolarvi con le altre forze della società, facendo rete e promuovendo progetti condivisi. Vi chiedo di farlo sempre più e di avere attenzione verso quelli che nella società sono deboli, perché nessuno sia lasciato indietro».
Infine, per quanto riguarda lo stile cristiano, il Papa ha sottolineato: «Si tratta della sintesi e della radice degli altri aspetti di cui abbiamo parlato. A chi possiamo guardare per capire che cosa vuol dire essere operatori di pace fino in fondo, se non al Signore Gesù? Dove possiamo trovare ispirazione e forza per accogliere tutti, se non nella vita di Gesù? Assumere uno stile cristiano - ha spiegato il Pontefice - vuol dire non soltanto prevedere che nei nostri incontri ci sia un momento di preghiera; vuol dire crescere nella familiarità con il Signore e nello spirito del Vangelo, perché esso possa permeare tutto ciò che facciamo e la nostra azione abbia lo stile di Cristo e lo renda presente nel mondo«. In particolare, un mondo dove vi sono «visioni culturali che rischiano di annullare la bellezza della dignità umana e di lacerare la società». Va coltivato, dunque, il sogno di fraternità umana di San Francesco di Assisi e di tanti altri santi, di tanti cristiani, di tanti credenti di ogni fede. «Sia anche il vostro sogno», ha augurato papa Bergoglio.
Durante l’incontro, è stata portata alla presenza di Francesco la statua di San Giuseppe Lavoratore che Papa Pio XII benedisse nel 1955. Il Pontefice decise in seguito di dedicare il 1° maggio a San Giuseppe artigiano, modello ed esempio dei lavoratori cristiani alla società. Al termine dell'udienza, i seimila aclisti presenti, tra i quali anche alcuni gruppi provenienti dall'estero, si sono recati in piazza San Pietro, dove i partecipanti hanno dato vita ad un flash mob per la pace.