domenica 28 aprile 2024
Nella città lagunare per visitare il Padiglione vaticano alla Biennale. L'incontro con gli artisti, poi tra i giovani. Alle detenute della Giudecca: nessuno può togliere la dignità a una persona
Un momento della Messa in  Piazza San Marco

Un momento della Messa in Piazza San Marco - Fotogramma

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Venezia è da sempre «luogo di incontri e di scambio culturale» ed è chiamata quindi ad essere «segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune». Venezia insomma è «terra che fa fratelli». Papa Francesco sintetizza così la sua tappa nella città lagunare dove ha visitato il Padiglione vaticano alla Biennale ospitato nel carcere femminile della Giudecca e ha incontrato i giovani e i fedeli di una diocesi che nel secolo passato ha dato ben tre Pontefici alla Chiesa, di cui due santi (Pio X e Giovanni XXIII) e uno beato (Giovanni Paolo I).
Lo fa nell’omelia che pronuncia durante la Messa presieduta nella splendida cornice di Piazza San Marco, davanti a più di diecimila fedeli. La visita è breve, cinque ore in tutto, ma intensa. Segnata da tre appuntamenti. Il Papa, aldilà delle note difficoltà a deambulare, appare in ottima forma. Legge tutti i discorsi, aggiungendo spesso, soprattutto nel carcere e con i giovani, delle riflessioni a braccio.

L'omaggio dei remieri al passaggio del Papa

L'omaggio dei remieri al passaggio del Papa - Ansa

Nel carcere femminile
Il primo appuntamento, il più commovente, è nel carcere femminile della Giudecca. Lì il Pontefice atterra nell’elicottero che lo ha trasportato da Roma. Ad attenderlo ci sono le circa 80 detenute che con entusiasmo hanno collaborato nell’allestimento del Padiglione. Francesco le saluta una ad una e poi parla. «Ho desiderato incontrarvi – confida - all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore». Non la considera una “visita ufficiale”, ma «un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno».
Francesco ricorda che il carcere è «una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza». Però può anche diventare «un luogo di rinascita, rinascita morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia». Perché «nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!». Il Pontefice prende spunto dall’evento artistico ospitato nel carcere per ribadire quanto sia «fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, di crescita spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento». «Per favore – esorta -, non “isolare la dignità”, non isolare la dignità ma dare nuove possibilità!». «Non dimentichiamo – prosegue - che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita».

Francesco benedice una signora

Francesco benedice una signora - Ansa

Tra gli artisti
Spostandosi nella Chiesa di Santa Maria Maddalena delle convertite, la cappella della casa di reclusione, Francesco incontra gli artisti che hanno esposto le proprie creazioni al Padiglione vaticano. Ad accoglierlo con un saluto c’è il cardinale José Tolentino de Mendonca, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione e Commissario del Padiglione. Per il porporato portoghese la scelta di Francesco di essere il primo Pontefice a visitare la Biennale inaugura «una nuova era nei rapporti della Chiesa con il mondo delle arti», dopo il «“divorzio” causato anche dalla difficoltà della Chiesa di comprendere e accettare l’autonomia dell’arte, che giustamente non accetta di fare da semplice cassa di risonanza di parole altrui». In chiesa ci sono anche le autorità. Il ministro della giustizia Carlo Nordio, il governatore veneto Luca Zaia, il sindaco Luigi Brugnaro. Il Papa li saluta e poi si rivolge agli artisti. Prende spunto da una immagine biblica per auspicare che le varie pratiche artistiche possano «costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”». Francesco ribadisce quanto sia sempre più urgente che si sappia distinguere chiaramente l’arte dal mercato. Perché certamente «il mercato promuove e canonizza», ma c’è sempre il rischio che «“vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi». Quindi l’augurio il cuore che l’arte contemporanea «possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana».

La carezza del Papa a un bimbo

La carezza del Papa a un bimbo - Ansa

L'incontro con i giovani
La seconda tappa della visita di Francesco a Venezia è l’incontro con i giovani della diocesi. Partecipano anche delegazioni delle altre 14 Chiese del Triveneto. L’appuntamento è davanti alla Basilica della Salute. Il Papa è accolto festosamente e più volte arricchisce il discorso preparato da frasi ed esortazioni a braccio. Lo taglia e lo fa più diretto. Affronta in particolare la questione della fragilità delle nuove generazioni. «Spesso – afferma - ci si trova a lottare contro una forza di gravità negativa che butta giù, un’inerzia opprimente che vuole farci vedere tutto grigio. A volte ci succede questo. Come fare? Per alzarci – non dimentichiamolo – anzitutto bisogna lasciarci rialzare: farci prendere per mano dal Signore, che non delude mai chi confida in Lui, che sempre risolleva e perdona». Ma poi, una volta rialzati, tocca a noi restare in piedi, osserva Francesco. E qui serve la costanza. «Che cosa conta nella vita? L’amore, la fede. E per crescere nella fede e nell’amore dobbiamo avere costanza e andare avanti sempre», spiega il Papa. E aggiunge: «Invece qui il rischio è lasciare tutto all’improvvisazione: prego se mi va, vado a Messa quando ho voglia, faccio del bene se me la sento… Questo non dà risultati: occorre perseverare, giorno dopo giorno. E farlo insieme, perché l’insieme ci aiuta sempre ad andare avanti. Insieme: il “fai da te” nelle grandi cose non funziona». Di qui suggerimenti concreti, espressi in tono colloquiale: «Non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi. Tu potresti dire: “Ma attorno a me stanno tutti per conto loro con il cellulare, attaccati ai social e ai videogiochi”. E tu senza paura vai controcorrente: prendi la vita tra le mani, mettiti in gioco; spegni la tv e apri il Vangelo – è troppo questo? –, lascia il cellulare e incontra le persone! Il cellulare è molto utile, per comunicare, è utile, ma state attenti quando il cellulare ti impedisce di incontrare le persone. Usa il cellulare, va bene, ma incontra le persone! Sai cos’è un abbraccio, un bacio, una stretta di mano: le persone. Non dimenticare questo: usa il cellulare, ma incontra le persone».
Francesco invita i giovani ad essere controcorrente, ad essere veri «rivoluzionari», dando vita «a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile». Ad essere «creatori di bellezza, e fare qualcosa che prima non c’era». «Questo è bello! – aggiunge - E quando voi sarete sposati e avrete un figlio, una figlia, avrete fatto una cosa che prima non c’era! E questa è la bellezza della gioventù, quando diventa maternità o paternità: fare una cosa che prima non c’era. È bello questo. Pensate dentro di voi ai figli che avrete, e questo deve spingerci in avanti, non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità!».

I fedeli in Piazza San Marco

I fedeli in Piazza San Marco - Ansa

La Messa in Piazza San Marco
Ultimo appuntamento della domenica veneziana di Francesco è la Messa in piazza san Marco. Concelebrata con il Patriarca Francesco Moraglia - che ha accolto e accompagna il Papa durante tutta la visita -, con il cardinale de Mendonca, con gli altri vescovi del Triveneto e del Dicastero per la cultura e l’educazione.Prendendo spunto dal Vangelo proclamato il Pontefice ribadisce che quel che conta nella vita è rimanere nel Signore, dimorare in Lui». Ma questo verbo – rimanere – «non va interpretato come qualcosa di statico, come se volesse dirci di stare fermi, parcheggiati nella passività; in realtà, ci invita a metterci in movimento, perché rimanere nel Signore significa crescere; sempre rimanere nel Signore significa crescere, crescere nella relazione con Lui, dialogare con Lui, accogliere la sua Parola, seguirlo sulla strada del Regno di Dio». Francesco poi posa il suo sguardo su Venezia. «Ammiriamo – afferma - la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine». Per il Papa le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, devono diventare luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, «che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale», è «chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune». Venezia è davvero «terra che fa fratelli».

Un intervento del patriarca Moraglia

Un intervento del patriarca Moraglia - Fotogramma

Al termine della Messa c’è il saluto del patriarca Moraglia. Il suo è un grande «grazie». Un «grazie» in particolare, aggiunge rivolgendosi a Francesco, «per la parola pace che instancabilmente risuona sulle sue labbra». Il presule ricorda che è presente, in piazza, l’icona della Madonna della Salute, trasferita eccezionalmente dall’omonima basilica, che è chiamata anche “Mesopanditissa”, ossia mediatrice di pace, perché dinanzi ad essa, nel 1264, si pose fine alla guerra durata più di mezzo secolo tra Venezia e Candia. «Venezia è città stupenda, fragile, unica e, da sempre, ponte fra Oriente e Occidente, crocevia di popoli, culture e differenti fedi», sottolinea il Patriarca. E aggiunge: «Per questo, a Venezia, i grandi temi delle sue encicliche – “Fratelli tutti” e “Laudato si’” – trovano puntuale riscontro: il rispetto e la cura del creato e della persona, iniziando dal bene sommo della vita che sempre va rispettata e amata, soprattutto quando è fragile e chiede d’essere accolta». «Come segno concreto e duraturo di questa sua visita – annuncia poi Moraglia – la Chiesa di Venezia intende mettere a disposizione di soggetti fragili, in particolare donne che cercano il reinserimento sociale, otto mini-alloggi; si tratta di spazi ristrutturati nella Casa della Carità (ex convento delle Muneghette), intitolata a San Giuseppe e situata nel centro storico di Venezia».
La parola pace affiora di nuovo sulle labbra di Francesco nella breve introduzione alla preghiera mariana del Regina Coeli che chiude la celebrazione liturgica in piazza San Marco. Il Papa volge il suo sguardo su Haiti, dove è in vigore lo stato di emergenza e la popolazione è disperata per il collasso del sistema sanitario, la scarsità di cibo e le violenze che spingono alla fuga. «Affidiamo al Signore – è l’invocazione del Pontefice - i lavori e le decisioni del nuovo Consiglio presidenziale di transizione, insediatosi giovedì scorso a Port-au-Prince, affinché, con il rinnovato sostegno della Comunità internazionale, possa condurre il Paese a raggiungere la pace e la stabilità di cui tanto ha bisogno». Quindi il rinnovato pensiero «alla martoriata Ucraina, alla Palestina e a Israele, ai Rohingya e a tante popolazioni che soffrono a causa di guerre e violenze». «Il Dio della pace – aggiunge - illumini i cuori perché cresca in tutti la volontà di dialogo e di riconciliazione». Infine il grazie del Papa ai fedeli e al Patriarca per l’accoglienza ricevuta. «Vi porto con me nella preghiera; - conclude con un inedito accenno alla gravosità del compito di essere Successore di Pietro - e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché questo lavoro non è facile!».
Ultimo momento della visita, un momento di preghiera silenziosa davanti alle reliquie di San Marco, nella maestosa Basilica che le accoglie. Quindi il rientro in elicottero a Roma.



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