Il Papa sulla jeep con alcuni bambini - Ansa
La pace è possibile. Il Papa lo ha ripetuto con forza a margine dell’udienza generale salutando i pellegrini francesi in piazza San Pietro. Si tratta, ha aggiunto, di essere «seminatori di speranza e tessitori di bene» malgrado «un futuro che a volte sembra buio», perché siamo «convinti che la vita può essere vissuta in modo diverso». Francesco è tornato sull’argomento anche nel saluto ai fedeli italiani, ricordando che oggi la Chiesa eleva la preghiera della “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei e per questo ha invitato a invocare l’intercessione di Maria «affinché il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina e a Israele». In precedenza, nel proseguo del ciclo su “I vizi e le virtù”, il Pontefice aveva dedicato la sua catechesi settimanale alla speranza, cioè, come indica il Catechismo della Chiesa cattolica, alla «virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo». Detto in altro modo, la speranza «è la risposta offerta al nostro cuore, quando nasce in noi la domanda assoluta: “che ne sarà di me? Qual è la meta del viaggio? Che ne è del destino del mondo?"». Tutti infatti «ci accorgiamo che una risposta negativa a queste domande produce tristezza. Se non c'è un senso al viaggio della vita, se all'inizio e alla fine c'è il nulla, allora ci domandiamo perché mai dovremmo camminare: da qui nasce la disperazione dell'uomo, la sensazione della inutilità di tutto». Ma la speranza non ha solo valore in sé stessa bensì funge anche da accompagnamento, da traino. Se manca, «tutte le altre virtù rischiano di sgretolarsi e di finire in cenere. Se non esistesse un domani affidabile, un orizzonte luminoso, non resterebbe che concludere che la virtù sia una fatica inutile».
Importante anche andare all’origine di questo sguardo illuminato del cristiano che «ha speranza non per merito proprio. Se crede nel futuro è perché Cristo è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito». In altre parole «se credi nella risurrezione di Cristo, allora sai con certezza che nessuna sconfitta e nessuna morte è per sempre. Ma se non credi nella risurrezione di Cristo, allora tutto diventa vuoto, perfino la predicazione degli apostoli». Per questo, «ancora una volta, noi diciamo che la speranza è una virtù teologale: non promana da noi, non è una ostinazione di cui vogliamo autoconvincerci, ma è un regalo che viene direttamente da Dio».
L'omaggio del Papa alla Vergine Maria - Ansa
Non mancano, comunque, peccati contro la speranza. Succede, ha avvertito Francesco, per colpa «delle nostre cattive nostalgie, delle nostre malinconie, quando pensiamo che le felicità del passato siano sepolte per sempre. Pecchiamo contro la speranza quando ci abbattiamo davanti ai nostri peccati, dimenticando che Dio è misericordioso ed è più grande del nostro cuore. Pecchiamo contro la speranza quando in noi l’autunno cancella la primavera; quando l’amore di Dio cessa di essere un fuoco eterno e non abbiamo il coraggio di prendere decisioni che ci impegnano per tutta la vita».
Come si capisce, il mondo ha tanto bisogno di speranza. Così come di pazienza, con cui la speranza cammina a stretto contatto. «Gli uomini pazienti – ha riflettuto in proposito il Pontefice - sono tessitori di bene. Desiderano ostinatamente la pace, e anche se alcuni hanno fretta e vorrebbero tutto e subito, la pazienza ha la capacità dell’attesa. Anche quando intorno a sé molti hanno ceduto alla disillusione, chi è animato dalla speranza ed è paziente è in grado di attraversare le notti più buie». La speranza – ha concluso il Papa - è la virtù «di chi ha il cuore giovane; e qui non conta l’età anagrafica. Perché ci sono anche vecchi con gli occhi pieni di luce, che vivono una tensione permanente verso il futuro. Pensiamo a quei due grandi vecchi del Vangelo, Simeone e Anna: non si stancarono mai di attendere e videro l’ultimo tratto del loro cammino terreno benedetto dall’incontro con il Messia, che riconobbero in Gesù, portato al Tempio dai suoi genitori».
Prima dell’udienza, un simpatico fuori programma. Nel suo giro tra i fedeli in piazza San Pietro, il Papa ha infatti salire sulla sua jeep la cosiddetta “papamobile” cinque bambini.
Il dovere di un lavoro dignitoso e sicuro
Sempre in mattinata, Inoltre, ricevendo una delegazione dei partecipanti alla consultazione "La cura è lavoro, il lavoro è cura",(promossa dal Dicatero per il servizio dello sviluppo umano intergrale) Francesco ha ripreso cinque temi che rivestono un'importanza cruciale per l'intera società, e cioè: "il lavoro dignitoso e le industrie estrattive", "il lavoro dignitoso e la sicurezza alimentare", "lavoro dignitoso e migrazione", "lavoro dignitoso e giustizia sociale", "lavoro dignitoso connesso alla giusta transizione". «Tenendo conto dell'interdipendenza tra lavoro e ambiente - ha sottolineato il Pontefice - si tratta di ripensare i tipi di occupazione che conviene promuovere in ordine alla cura della casa comune, specialmente sulla base delle fonti di energia che essi richiedono. Questi cinque aspetti - ha aggiunto Francesco - rappresentano delle sfide importanti» da affrontare «con passione e competenza. Il mondo, infatti, ha bisogno di un rinnovato impegno, di un nuovo patto sociale che ci leghi insieme generazioni più anziane e generazioni più giovani per la cura del creato e per la solidarietà e la protezione reciproca all'interno della comunità umana».