Papa Francesco con il Grande Ayatollah al-Sistani - Ansa
Fuori dalle vecchie mura di Najaf campeggiano lungo la strada i poster di papa Francesco e il Grande Ayatollah Alì Al-Sistani. Il Papa è arrivato al mattino presto di sabato alla città sacra dello sciismo mondiale a sud di Baghdad sorvolando l’altopiano del Wadi al-Salam che accoglie l’immensa schiera delle tombe dei profeti e dei fedeli. Francesco ha incontrato Al-Sistani nella sua casa nel vicolo accanto al Santuario dell’Imam Alì, che con i suoi minareti alti quaranta metri e la sua cupola dai mattoni d’oro è considerato il terzo luogo santo dell’Islam dopo la Sacra della Mecca e la moschea del Profeta di Medina. Il Papa è sceso dalla macchina e ha percorso a piedi lo stretto vicolo. Al-Sistani lo ha accolto in piedi, in segno di reverenza.
L’incontro privato con il leader spirituale alla guida della Hawza di Najaf, iniziato alle nove è durato cinquantacinque minuti. Un gesto che proprio per essere compiuto dal Papa in questo luogo sacro agli sciiti è un gesto storico che ridisegna i rapporti anche all’interno dell’islam. «Andando nella città santa dello sciismo mondiale – come ha spiegato il cardinale Rafael Louis Sako – la città dove è sepolto l’Imam Alì, al quale gli sciiti sono fedeli da secoli, il Papa incontra una comunità. Non dico che incontra una comunità nel senso istituzionale della parola, ma incontra una comunità come fatto di fede. Najaf per gli sciiti ha il significato di quello che è Gerusalemme per la cristianità».
Nel corso dell’incontro il Papa «ha sottolineato l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità». Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto in un comunicato che «l’incontro è stato l’occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno».
E che nel congedarsi dal Grande Ayatollah, il Santo Padre ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero». L’incontro di Papa Francesco con la figura chiave dell’islam sciita è incontro paragonabile per intensità e potenziali conseguenze, a quelli che finora hanno visto riunire Papa Francesco con alti esponenti dell’islam sunnita, in primis con l’egiziano Ahmad al Tayyeb, Grande Imam di Al Azhar. Per i responsabili delle comunità cristiane irachene questo «è uno dei momenti più alti» del viaggio apostolico in Iraq. Il leader sciita, affermano, «non è un politico, ma un uomo di fede che lavora per la fratellanza». Il vis-a-vis tra il Vescovo di Roma e il Grande Ayatollah di Najaf segna così anche il culmine del lungo scambio di segnali di prossimità e simpatia intercorso tra i cristiani e al Sistani negli ultimi decenni.
Nel suo lungo cammino, il novantenne Ayatollah nato in Iran ha esercitato una guida spirituale riconosciuta per lungimiranza e saggezza, anche da chi non appartiene all’islam sciita. E iniziative e parole cordiali nei confronti dei cristiani hanno scandito la sua intensa partecipazione ai dissesti degli ultimi decenni di storia irachena. Nel 2014 invitava gli iracheni ad unirsi per lottare contro il sedicente Stato Islamico. Nel gennaio del 2019, ricevendo a Najaf i responsabili della Commissione d’indagine ONU sui crimini dei jihadisti del Daesh, l’Ayatollah Ali al Sistani aveva raccomandato di indagare in particolare sui crimini efferati perpetrati dai miliziani jihadisti a danno di alcune componenti specifiche della società irachena, come i yazidi a Sinjar, i cristiani a Mosul e i turcomanni a Tal Afar.
Dopo l’intervento militare a guida statunitense che nel 2003 aveva abbattuto il regime baathista, una fatwa proclamata dall’Ayatollah Al-Sistani aveva richiamato tutti i musulmani sciiti a tutelare e non maltrattare i membri delle comunità di fede minoritarie, compresi i cristiani, che non andavano identificati come «quinte colonne» delle forze militari straniere. Nel 2005 cristiani iracheni espatriati negli Stati Uniti avevano lanciato la candidatura di Al-Sistani a Premio Nobel per la Pace, motivando la scelta con il fatto che al Sistani «ha fornito ai musulmani di tutto il mondo un buon esempio di come seguire modi pacifici per risolvere complesse sfide sociali e politiche che devono affrontare, condannando il terrore». Nel congedarsi dal Grande Ayatollah, Papa Francesco ha ribadito «la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero».