giovedì 20 agosto 2015
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​Gentile direttore,
l’ennesima battuta del governatore del Veneto Zaia rivolta ai vescovi, «Comincino loro a ospitare gli immigrati nei seminari», potrà eccitare i cuori anticlericali, ma è priva di senso storico e politico. Non è un problema dei vescovi quello dei migranti perché, per lo meno formalmente, la Chiesa ha rinunciato al potere temporale. Se lo Stato italiano ritenesse di dover aver bisogno di strutture ecclesiastiche per ospitare i migranti che arrivano sul nostro territorio nazionale, può farne domanda al Vaticano che sostiene una politica di accoglienza. Se in Veneto Zaia non ha strutture adeguate, il problema della migrazione riguarda lui in quanto governatore di Regione di uno Stato sovrano e non il vescovo di Verona o Treviso. Al limite, possiamo invitare la Chiesa a farsi gli affari suoi, ma non scaricarle compiti che sono di nostra precisa competenza. Se poi si decidesse di cancellare il diritto alla Chiesa di esprimersi, non potremo certo pretendere che, pur imbavagliata, sia contraria alla cristiana accoglienza. L’Europa ha attraversato una crisi e un sovvertimento profondo e continuo delle sue popolazioni nei secoli e continuerà a subirlo. Si escluda di poterlo evitare, se se ne è capaci... Piuttosto bisognerebbe riuscire a gestirlo per non esserne travolti e per questo servono anche i vescovi. Cordialmente
Riccardo Bruno, portavoce nazionale del Pri
 
Sono d’accordo con lei, gentile portavoce, attraversare fasi critiche richiede il contributo e consiglia la saggia concordia tra tutti coloro che hanno responsabilità e amore per il bene comune. La Chiesa italiana contribuisce attivamente all’accoglienza dei profughi nel nostro Paese e all’estero, così come sostiene in molti modi i poveri italiani. Non c’è da fare «domanda al Vaticano» per questo, perché i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e i tantissimi volontari che agiscono (e non solo parlano) sono cittadini italiani e collaborano da sempre con le istituzioni civili (e anche con quelle internazionali). Hanno gli stessi diritti di ogni altro e, in più, le priorità (vogliamo dire i doveri?) del Vangelo. Per questo la Chiesa non può «farsi gli affari suoi», e non fa affari. Ricambio il suo cordiale saluto. 
Marco Tarquinio 
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