Gentile direttore,
mi voglio complimentare con tutti voi di “Avvenire”, giornale che consulto online. Siete gli unici – dico: gli unici! – che usano le parole appropriate in momenti di tensione, di paura e di smarrimento come quelli che si stanno vivendo dal 24 febbraio per la nuova fase della guerra russo-ucraina. Mi riferisco alla resa dei miliziani di Mariupol, i membri feriti del reggimento Azov asserragliati nelle acciaierie Azovstal. Ho visto che, anche in questo caso, avete usato i termini appropriati. “Resa” che non è dispregiativo, bensì – a mio parere – superlativo, perché dice di persone che hanno fatto i conti con i propri limiti e questo in un mondo dove si deve esser sempre i primi, i soli anzi gli unici, i supereroi... Grazie.
Simone Serafini Rimini
Non mi aspettavo, gentile lettore online di “Avvenire”, di ricevere complimenti per il buon lavoro dei miei colleghi e delle mie colleghe proprio per questo, per aver detto che quella dei soldati feriti che si sono consegnati alle truppe russe d’invasione è una “resa”. Ma ne sono lieto. Credo, infatti, che ci siano resistenze non armate che possono essere condotte anche rinunciando all’uso delle armi. E anch’io, insieme a tanti altri molto migliori di me, mi batto strenuamente perché persino nella crudeltà delle guerre ci siano spazi di umanità. Basta poco, perché anche quel poco di umanità, se si realizza, comincia a disfare la struttura stessa del conflitto armato. Ci legga sempre, caro e gentile signor Simone, e magari ci scopra anche su carta e nel fascicolo digitale che realizziamo ogni giorno. L’informazione che si apprezza va sostenuta...