Caro direttore,
su un giornale del 6 giugno scorso ho letto: «.....versava (100 milioni) anche alla Fondazione Marcianum, il polo accademico fondato dall’ex patriarca Angelo Scola. Il Mose doveva rendere qualcosa alla cattolica Venezia». Lei capisce di quanto sono rimasto colpito e mi auguro che qualora la notizia sia infondata, l’attuale arcivescovo di Milano provveda a fare querela. Con un augurio per tutti noi che amiamo la Chiesa oltre che il Signore.
don Paolo Giannoni, nell’eremo di Mosciano (Fi)
Anch’io, lo dico da giornalista, resto sempre colpito da un certo modo di dare notizie. E non mi stupisco, ovviamente, degli effetti che questo provoca. La sua lettera dal tono comprensibilmente allarmato e dolente, caro don Paolo, ne è un chiaro esempio. Vediamo perché. Il giornale da lei richiamato – che è “la Repubblica” – sta dedicando, come tutta la stampa italiana, ampie e documentate cronache alle roventi accuse di corruzione per il “caso Mose”. Ho letto diversi di questi articoli, anche per compararli con il lavoro svolto dai miei colleghi. La sua lettera mi ha spinto a recuperarne uno del 6 giugno che non avevo scorso, dedicato a operazioni “in nero” e attraverso conti esteri a vantaggio di personaggi finiti sotto la lente degli inquirenti e contenente, appunto, il breve e sorprendente inciso che lei cita. Dico sorprendente, ma potrei dire estemporaneo e persino distorcente. Per quale motivo? Prima di tutto perché si accenna a un’elargizione della società Co.Ve.Co. per le attività «nelle aree della scuola, dell’università, della ricerca e della formazione continua» svolte dalla “Fondazione Marcianum”, istituita nel 2008 per impulso della Chiesa veneziana, allora guidata dal cardinale Angelo Scola, e grazie a un “collegio di fondatori” composto da Regione Veneto, Assicurazioni Generali, Banca Popolare di Verona, Consorzio Venezia Nuova e Fondazione patriarca Carlo Agostini. Ebbene quell’elargizione non è oggetto di indagini, perché non è stata un passaggio sporco e clandestino di denaro, ma un contributo legale e perfettamente tracciabile versato da Co.Ve.Co. in qualità di «socio sostenitore» per l’anno 2010. I «soci sostenitori» della Fondazione, tra l’altro, appaiono regolarmente per l’anno in cui contribuiscono non solo in registri e carte ufficiali, ma anche, con grande trasparenza, sul sito online del “Marcianum”. Che senso ha, dunque, citare un atto legale e compiuto alla luce del sole assieme ad atti considerati illegali, compiuti nell’ombra e perciò oggetto di indagini e di provvedimenti della magistratura? A che pro confondere la Venezia della luce e quella delle ombre? In secondo luogo, è quasi incredibile che la cifra di cui si parla nell’articolo sia non una, ma mille volte sbagliata: si mette, infatti, in pagina l’impressionante ammontare di 100 milioni di euro invece di quello vero di 100mila. Detto questo, caro don Paolo, non auguro mai a nessuno querele. Tantomeno ai giornali e ai giornalisti, e non solo per spirito di colleganza, ma per profonda convinzione che chi fa il mio mestiere ha sempre mezzi e coscienza per riparare a eventuali errori. Sono totalmente con lei, infine, nel formulare ogni possibile augurio e ogni ringraziamento a chi ama la Chiesa e, in suo nome, come al “Marcianum” di ieri e di oggi, lavora «per il bene comune e per lo sviluppo umano integrale».