Gentile direttore, io ho 87 anni, mia moglie ne ha 85; siamo sposati da 60 anni e abbiamo due figli e quattro nipoti. Con i nostri risparmi abbiamo costruito un capannoncino a Rozzano per il mio lavoro. Quando sono arrivato alla pensione, lo abbiamo affittato. Ora mia moglie da 5 anni è in dialisi, invalida al 100%, ma non ha né pensione sociale, né indennità di accompagnamento a causa di quel reddito, che è molto basso. Da 3 anni abbiamo venduto la nuda proprietà per pagare i debiti; ora anche a me hanno diagnosticato il Parkinson, perciò anch’io ho bisogno di cure. Nel 2014 ho pagato così tante tasse, tra Imu e altre, che non ce la faccio più a pagare. Ho lavorato tutta la vita anche per il Comune di Milano e ho avuto l’"Ambrogino d’oro" il 16 ottobre 1988. Ora, non chiedo niente a nessuno, ma ditemi voi: cosa posso fare per andare avanti? Mi dicono di fare un mutuo per pagare le tasse, ma io sono contrario e non vorrei più le tasse con questo sistema. Però ho anche paura che vengano a confiscarmi i mobili. Secondo voi come mi devo comportare per tutelarmi e per garantire un futuro per me e mia moglie? Mi scuso per questo mio sfogo e rimango in attesa di un vostro riscontro e possibilmente di un consiglio serio. Buon Natale a tutta la redazione, e che Dio vi protegga.
Olindo Lazzaron - Milano
Penso che non sia lei, gentile e caro signor Lazzaron, a doversi scusare di qualcosa... Lei sa, credo, che anch’io sono tra quanti pensano e dicono (come fece quell’economista e servitore della cosa pubblica che rispondeva al nome di Tommaso Padoa Schioppa) che «le tasse sono una cosa bellissima e civilissima». Esse infatti rappresentano uno strumento logico ed efficace per realizzare in concreto solidarietà e giustizia distributiva all’interno di una comunità. Ma la sua lettera – come altri casi concreti che via via affrontiamo e portiamo all’attenzione di governanti e legislatori – mette in crisi quella consapevolezza. O, meglio, la pone con decisione nel suo giusto contesto. Le tasse sono un mezzo buono e utile, persino «bellissimo», quando hanno proporzione e sono davvero strumento di giustizia. E ciò che lei sperimenta è, invece, pura ingiustizia. È intollerabile che il cittadino di un Paese democratico venga ridotto al punto di doversi spogliare della proprietà di ciò che ha costruito con una vita di lavoro e debba considerare il ricorso a un mutuo per dare al Fisco ciò che il Fisco pretende (smodatamente) da lui. Eppure il groviglio di regole e di scelte che ci avvolge (e che è frutto anche delle incivili “furbizie” di quelli che s’interessano a regole e doveri solo per aggirarli...) riesce a costringere in questa condizione persone come lei – riconosciuto benemerito nella “sua” Milano – e come sua moglie. Credo, insomma, che questa lettera spieghi meglio di parecchie analisi uno dei motivi per cui qui da noi tanta gente fatica a uscire dalla “paralisi della fiducia” in cui è caduta. Se chi fa le leggi e ci governa se ne rendesse conto, questo aiuterebbe enormemente a compiere la «svolta buona» che è nei programmi del premier Renzi. Diciamo che sarebbe un giusto, davvero giusto, regalo di Natale. Un regalo utile, anzi “essenziale”. Come se ne facevano una volta e come, da italiani, dobbiamo imparare di nuovo a farcene.