giovedì 3 aprile 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Gentile direttore,ho letto con interesse le pagine di “Avvenire” sulla procreazione in provetta e le possibili alternative e vorrei riferire la mia esperienza in proposito. Ho conosciuto mio marito quando avevo 35 anni. Ero felice eppure un po’ preoccupata perché temevo che sarebbe stato difficile avere figli a causa della mia età. Poco prima del matrimonio ho scoperto di avere l’endometriosi, un difetto dell’utero che, nel 30 % dei casi, può provocare infertilità. Avevo cisti sulle ovaie, un fibroma, un mioma uterino: su consiglio della ginecologa, mi sono sottoposta a intervento chirurgico in laparoscopia, per cercare di eliminare impedimenti a un eventuale concepimento. Mio marito mi rasserenava, diceva: «Ci siamo sposati perché ci vogliamo bene, non siamo “macchine” per produrre figli». Noi, comunque, eravamo disponibili all’eventuale dono della vita. Dopo sette mesi di matrimonio, la mia ginecologa voleva prescrivere ulteriori esami, anche a mio marito; e cominciò ad accennare alla fecondazione artificiale, alla quale però siamo entrambi contrari: il bombardamento di ormoni con conseguenze ancora incerte, ma soprattutto la selezione e la morte di embrioni, che sono persone... tutto questo non volevamo farlo. C’era l’alternativa dell’adozione.Ci siamo presi altri 3 mesi di serenità prima di fare eventuali esami. Nel frattempo, tramite manuali e anche siti Internet, mi sono documentata riguardo alla fertilità e su come favorirla. Determinanti sono stati i consigli di una collega, docente di Religione: mi ha parlato dei metodi naturali, che sono efficaci per favorire il concepimento e che avevano risolto i problemi di varie coppie di sua conoscenza. Ho cercato informazioni su questi metodi, che in parte conoscevo già (sapevo come calcolare i giorni più fertili) ma che, per essere più efficaci, debbono essere seguiti in modo molto preciso e completo. Temevo che programmare “scientificamente”  sarebbe stato brutto: invece sono aumentati il dialogo e la complicità tra mio marito e me. E subito, già al primo mese, abbiamo concepito il nostro primo figlio! Accorgimenti e prudenze sono importanti anche per favorire l’insediamento dell’embrione e i primi tre mesi della gravidanza. Due anni dopo, tolto un polipo e tenuta controllata l’endometriosi, è arrivata la nostra seconda figlia. Noi siamo fortunati, non abbiamo patologie gravi. Ma ci sono probabilmente anche altri casi in cui gli ostacoli al concepimento sono in realtà più facili da rimuovere di quanto si pensi. E si può farlo in modo naturale (sebbene sia magari necessario un intervento chirurgico, ma con la laparoscopia è più semplice, e la convalescenza è rapida) senza ricorrere subito alla fecondazione artificiale che spesso non dà risultati. Se qualcuno fosse interessato, saremmo felici di poter essere in qualche modo di aiuto, fornendo tutte le informazioni che abbiamo raccolto: contattateci attraverso le lettere di Avvenire. Grazie a lei e a tutta la redazione per il prezioso lavoro che svolgete.Clara Santagiuliana, Arcore (MB)Cerco di avvicinarmi sempre con grande rispetto e tutta la possibile delicatezza a questioni così grandi eppure intime, che ci riguardano tutti, ma toccano in modo personalissimo ogni singola donna e ogni singolo uomo e la loro vita di coppia. Le sono, perciò, specialmente grato, gentile e cara signora, per questa testimonianza così aperta e liberamente offerta a sostegno di quanti possono vivere vicende, speranze e preoccupazioni simili a quelle sperimentate da lei e da suo marito. E la gratitudine aumenta per aver scoperto, tra le altre, questa sua bella e intensa lettera mentre avevo ancora nelle orecchie le parole con le quali Papa Francesco – Marina Corradi le commenta sulla nostra prima pagina di oggi – ci ha riconsegnato il senso del matrimonio cristiano, che soprattutto in questo tempo complicato possiamo e dobbiamo vivere come una consapevole e contagiosa esperienza di allegria e di fedeltà. Beh, tra queste sue righe il sole io l’ho proprio trovato. Nessun giudizio su altre scelte, la testimonianza di una strada buona, giusta e possibile...So bene che non tutte le condizioni fisiche e psicologiche sono uguali e che le traiettorie umane, per quanto vicine possano essere, non risultano mai completamente sovrapponibili, ma credo – con lei – che un po’ tutti abbiamo bisogno di tornare a riscoprire il senso del matrimonio, della maternità e della paternità non come un assillante «dover essere» o come un «diritto» da affermare, ma come la più naturale e condivisa delle avventure che si propongono a un uomo e a una donna. Una relazione fertile per il solo fatto di esserci, e non per i figli che da essa potranno nascere quasi meccanicamente, persino a ogni costo. I figli sono sempre un dono e una ricerca che impegna corpo e spirito, che avvicina come nessun altra chi ne è protagonista e può condurci anche molto distante. Anche all’eroismo, anche al sacrificio di noi, anche lontano dal nostro stesso patrimonio genetico... Penso, ovviamente, all’adozione alla quale pure lei, gentile signora Clara, e suo marito avevano pensato. E che non è mai la conquista di un decisivo pezzo mancante al puzzle del figlio desiderato, ma l’accettazione di una storia ancora bambina e tuttavia già precisa, che ha volto e profondità e soprattutto ha necessità d’amore. L’amore mai imparato una volta per tutte, mai facile, di un padre e di una madre.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI