Lo sanno tutti. Prevenire è molto meglio che correre dietro alle emergenze, siano alluvioni o terremoti. I fondi spesi prima, per la prevenzione, non sono mai soldi persi. Sono un vero investimento. E sono infinitamente meno di quelli che poi si devono impiegare dopo, per riparare ai danni. In Europa e in Italia c’è chi ce lo ricorda da anni, criticando i nostri ritardi. Sacrosanto. Anche quando veniamo bacchettati (e ci autobacchettiamo) per la nostra pessima gestione dei rifiuti, che ci ha fatto subire per sovrappiù una pesante euromulta da 56 milioni di euro. O quando Bruxelles denuncia l’eccesso nell’utilizzo dello strumento della dichiarazione di 'stato d’emergenza', anche in situazioni nelle quali si potrebbero usare strumenti ordinari di intervento.Giusto. Molto meno giusto che cinque Paesi Ue tentino di bloccare i fondi per il terremoto dell’Emilia. Certo, si tratta di soldi per riparare i danni e non per prevenire, ma che coerenza c’è se in contemporanea sulla prevenzione cala la fredda scure contabile del Patto di stabilità? Un pezzo d’Europa nega solidarietà nelle emergenze? È grave e censurabile, ma diventa addirittura assurdo se quel pezzo d’Europa (del Nord) è lo stesso che presidia in modo arcigno le regole che impediscono di spendere i soldi, che ci sono, per la messa in sicurezza del nostro Paese.Lo abbiamo scritto infinite volte: a proposito degli interventi sul dissesto idrogeologico, di quelli per la difesa antisismica (soprattutto delle scuole) o delle bonifiche delle discariche dei rifiuti (tossici) nella 'terra dei fuochi'. In occasione dell’ennesima, oramai ricorrente e drammatica alluvione di questi giorni in Toscana, tale assurdità è stata denunciata anche dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. «È assurdo tenere bloccate queste risorse per ridurre il debito, il rischio è che il debito aumenti per correre dietro ai danni, dal momento che i costi delle riparazioni sono tre volte più alti di quelli della prevenzione».Certo per questi interventi i soldi sono pochi, molto meno del necessario. Ma almeno questa volta sembra che si faccia sul serio, che quanto stanziato sia realmente utilizzato e non, via via, come nel passato, dirottato su altre partire, sperando nell’italico stellone. Il miliardo stanziato nel 2009 dopo la tragedia del Messinese con decine di morti, è stato poi prosciugato per altri scopi. Clini e il suo collega alla Coesione territoriale Fabrizio Barca hanno 'scovato' 679 milioni (350 messi a disposizione dalle Regioni), pochi rispetto ai 40 miliardi necessari per tutelare i 6.633 Comuni a rischio idrogeologico, l’82% di tutti i Comuni italiani. Ma almeno ci sono, e li si vuole spender bene. Li si vorrebbe spender bene... Perché, come ha denunciato Clini, oggi quei soldi non sono spendibili. Servono, ci si ricorda ogni volta in sede europea, in primo luogo per turare le falle del debito pubblico.Ma spendere per difendere l’ambiente, il territorio, le nostre case e le nostre attività economiche, la nostra vita, il nostro futuro è turare falle e scongiurare spese enormi ex post. Un serio, serissimo investimento, che ci fa risparmiare e che contribuisce e rimettere in moto l’economia. Il tanto spesso citato New Deal americano degli anni Trenta del Novecento era letteralmente pieno di interventi di risanamento e difesa del territorio. Altro che spese superflue. Risanare il territorio vuol dire anche risanare i conti pubblici, magari con qualche tempo più lungo, ma certamente dagli effetti duraturi.E invece ci ritroviamo al 'vorrei ma non posso', frutto di fredda e implacabile rigidità euroburocratica. Curioso, un Patto di stabilità che ci impedisce di 'stabilizzare' frane e versanti, fiumi e coste. Conti in ordine, forse, e sicuro disordine ambientale. Norme formali rispettate e fango e morte nelle strade. Frane finanziarie rallentate, mentre quelle vere piombano su case e scuole. Una visione limitata all’oggi senza pensare alla sicurezza del domani. Ma la pioggia non fa sconti. Non c’è Patto che la possa fermare. Prima o poi viene a ricordarcelo e a tirare ben altre somme. Morte e distruzione, proprio come oggi. Una contabilità terribile. Questa sì da bloccare. Per un’Europa della vita rispettata e non solo dei bilanci ben curati.