Caro direttore,
il signor Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, ha fatto esplicita richiesta di aumentare, diciamo raddoppiare, le nostre spese militari portandole al 4% del Pil. Sarebbe bello poterlo fare, sarebbe bello pensare che l’Europa accetti di farci 'sforare' di un’altra cinquantina di miliardi, vorrebbe dire che le finanze pubbliche godono di ottima salute e potremmo anche mettere in pratica le innovazioni fiscali e gli aiuti sociali che il nuovo governo ha messo nel suo programma, ma che nessuno gli vuole permettere... Il problema è un altro. Le operazioni militari in giro per il mondo, ufficialmente per portare la pace con le bombe ed esportare la democrazia, portano sempre ricadute di fatturato quando la guerra finisce. E le ricadute arrivano sempre sulla testa dei soliti noti. Accade poi che certe 'operazioni', come quella in Libia, portano vantaggi a pochi a scapito di tanti altri che si trovano interamente ad accollarsi oneri di non poco conto, oltre a vedere smontato il lavoro di decenni per mantenere la stabilità in aree cruciali e a mettere in serio pericolo l’approvvigionamento di petrolio e di gas. Mettere mano al portafoglio per finanziare discutibili operazioni militari che ci danneggiano mi parrebbe l’apoteosi del tafazzismo. Ovvero dell’autolesionismo.
Andrea Bucci Torino
Lei offre diversi motivi di riflessione e di allarme, caro signor Bucci. A me, più di tutto, preoccupano i costi umani di tutto questo. Tanto per intenderci, e so che ci intendiamo certamente, l’«altra parte» del disastroso bilancio politico-economico delle guerra di Libia del 2011. Non c’è più dubbio che gli Usa di Donald J. Trump intendono mettere in discussione il quadro delle loro storiche alleanze e il concetto stesso di Occidente, nel senso di coeso mondo delle democrazie di stampo liberale. Lungo questa strada, viene inesorabilmente un nuovo tempo di divisioni e conflitti. E in questo contesto il pressing per aumentare e riorganizzare la spesa militare è un segnale duro e chiaro. Continueremo a far vedere perché la strada di Trump è una strada sbagliata, per l’America e per tutti. A cominciare dai più deboli e da noi, italiani ed europei.