giovedì 2 aprile 2009
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Caro Direttore, vorrei affidarle uno spicchio di vita concreta vissuto da una volontaria che opera in un Centro di aiuto alla vita. Sono abbonata ad Avvenire e la firma che leggo per prima è quella di Marina Corradi. Vorrei raccontarle di Fidelia, una donna del Ghana, sposata con 4 bambini, che con la famiglia vive in Italia da dieci anni. Il marito lavora alla concia delle pelli. All’arrivo del quinto figlio sono presi dal panico, anche perché da due mesi il padrone non pagava lo stipendio al marito a causa della crisi... Così arrivano in ospedale per l’aborto, non molto contenti, per la verità: loro sono cattolici. Al momento dell’induzione per una breve e leggera anestesia prima di eseguire l’intervento, la donna ha un colpo di tosse ripetuto. L’anestesista allarmato richiede subito una radiografia al torace e l’operatore che spinge la barella di Fidelia, parlando in dialetto veneto, le manifesta il suo rammarico perché butta via il suo bambino e poi le offre tutto ciò che aveva nel suo portafoglio. Quando poi l’operatore mi telefona per chiedermi di andare con urgenza da quella donna, mi dice che questo bambino non... sapeva di essere il quinto, altrimenti sarebbe rimasto con gli angeli, ma ora che c’è, rimane. Ho l’accesso facilitato alle strutture sanitarie, avendo lavorato come infermiera professionale e caposala, poi in una Rianimazione. L’incontro con Fidelia è stato dolcissimo e intenso. Dal cuore sono sgorgate espressioni, silenzi, riflessioni gioiose che, avverto dopo, arrivavano dal Signore, amante della vita. Dal torace si evidenziava una affezione bronchiale curabile con farmaci compatibili con la sua gravidanza, così lei ha scelto la vita! Il dopo è stato abbastanza difficile per il mondo che la circondava. Nell’immaginario collettivo dei medici (non tutti) non è scontato un colloquio con la donna... una parola ...un perché... ha già chiesto l’Ivg... sa tutto: veda lei... è lei che deve decidere. Fidelia ha pronunciato un sì alla vita con un canto della sua terra, con voce sommessa, quasi a scusarsi e poi una lode allo Spirito Santo. Non ho visto nessuna donna italiana pregare così. Uscendo dall’ospedale ho pensato: per un colpo di tosse un uomo realizzerà il progetto di Dio su di lui. Secondo pensiero: solo in Italia vige la pena di morte per le mamme nei confronti del proprio figlio.

Carla Tonello

Un colpo di tosse, seguito dalla parola e ancor più dal gesto amichevole e generoso di quell’infermiere o portantino hanno salvato una vita umana. Basta questo per ricordare come talora la scelta di abortire poggi su basi affatto solide. Lo spostamento di qua o di là, cioè la conferma della decisione di morte o il ritrarsi da essa scegliendo di far nascere il figlio, può essere influenzato, come lei ci dimostra, da azioni esteriormente minuscole, ma ugualmente vitali. Inevitabile chiedersi: se nel caso da lei riferito per salvare una vita sono bastate poche parole in dialetto e quel gesto di aprire il portafoglio – cosa avrà contenuto? Non più di qualche decina di euro immagino – , quanti altri bambini potrebbero arrivare alla nascita se ci fosse un’azione decisa e coordinata volta a «far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza» da parte delle istituzioni pubbliche? Il testo tra virgolette, ben noto a tutti coloro che lavorano per la difesa della vita, è citazione testuale dall’articolo 2 comma d) della Legge 194/78 e ricordarlo in questo contesto serve a far risaltare ancora una volta come si tratti di una determinazione che è rimasta in larghissima misura lettera morta (il recente caso di Albenga ce l’ha – ancora una volta – dimostrato). Le vite salvate sono in larghissima misura frutto dell’opera meritoria delle tante persone come lei, che hanno messo a disposizione tempo, professionalità, denaro per accompagnare le donne in difficoltà fin dopo la nascita. È quanto fa il 'Progetto Gemma' ( www.mpv. org) del Movimento per la vita, attraverso il quale, con l’'Adozione prenatale a distanza', viene offerto sostegno alle donne in difficoltà, garantendo loro 160 euro al mese per 18 mesi, grazie alla generosità di tanti donatori. Dalla sua nascita nel 1994 sono stati così aiutati a nascere circa 14.000 bambini. Nel caso di Fidelia, non è stato certo l’entità della somma ad alleviare la preoccupazione sua e di suo marito. Ma è risultato l’atteggiamento, la solidarietà di un estraneo, la generosità senza calcoli. In un mondo dove c’è gente così, si può aver fiducia anche nella Provvidenza, anzi, la si vede già all’opera se gli occhi hanno sensibilità spirituale in grado di percepirla. E il bene innescato si è rifratto in Fidelia, facendo sgorgare tutta la ricchezza del suo animo prima oppresso dalla tristezza e dallo sconforto. Un miracolo che può ripetersi, con l’impegno delle istituzioni e la nostra generosità.
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